martedì 28 dicembre 2010

Most Underrated Albums




E' chiaro che nella vita di un artista ci sarà sempre qualche opera che non piacerà alla critica o ai fan (salvo rari casi, come i Beatles o i Police). Ma spesso alcune di queste pecore nere della discografia sono ingiustamente considerate tali. Magari si tratta soltanto di un album di transizione, oppure di un disco nel quale l'artista ha deciso semplicemente di provare un genere nuovo. Noi di GTBT vogliamo offrire qualche esempio:


Afterhours - I milanesi ammazzano il sabato (Universal, 2008)

Manuel Agnelli ha forgiato una piccola perla con un disco in realtà compreso da pochi. La sensualità e la sessualità come elementi dominanti nei testi, utilizzate in maniera provocatoria e non volgare, gli conferiscono un valore letterario notevole, forse superiore anche agli album più quotati della formazione milanese. Molti hanno criticato la forma troppo melodica di alcuni brani, ma le contaminazioni dal pop americano e dallo stoner (in chiave soft) giovano molto alla band che riesce così ad abbattere la barriera del già sentito, confermandosi continuatori di una scena alternative di cui ad ogni disco si presentano come cardini innovatori, perlomeno in Italia.


CSI - Tabula Rasa Elettrificata (Polygram, 2010)

Visto da alcuni come la svolta commerciale della band di Giovanni Lindo Ferretti, uscito in testa alle classifiche nel momento in cui il rock alternativo se ne usciva dalla nicchia, da altri come una pietra miliare di assoluta importanza nel settore, è un disco completo, con una produzione molto curata (aspetto positivo al contrario di quanto molti dicono), testi leggermente più "random" del solito ma comunque con un buon valore letterario, ispirati al viaggio in Oriente compiuto dal frontman con Massimo Zamboni, viaggio del quale rimane una grande testimonianza musicale e lirica all'interno del disco. E' un punto cruciale nella loro carriera e se non è il lavoro migliore del progetto Consorzio Suonatori Indipendenti è solo perché si doveva confrontare con giganti imprescindibili come Linea Gotica e Ko' De Mondo. Un classico da non trascurare mai.


Curved Air - Airborne (BTM Records, 1976)

Questo disco, il lavoro finale dei Curved Air fino a "Reborn" del 2008, viene spesso considerato l'album più debole della loro discografia. In realtà, questo disco, benché non sia ai livelli di "Phantasmagoria" o di "Air Cut", ad esempio, è sicuramente superiore al precedente "Midnight Wire". Il brano cardine del disco è chiaramente la suite di undici minuti "Moonshine", dove atmosfere paradisiache, riff agressivi e jam di violino e chitarra riportano quasi a certe sezioni dello Zappiano "Hot Rats", ma convincono anche le più semplici "Desiree", "Juno" e "A Touch of Tequila", rese ancora più interessanti dalla splendida voce di Sonja Kristina e dalle feroci pennate di violino di Darryl Way. Una curiosità: su questo disco suona anche Stewart Copeland, futuro batterista dei Police, qua con uno stile un po' diverso, ma comunque altamente distintivo che potrebbe interessare ai suoi fan.


Deep Purple - Come Taste the Band (EMI/Purple, 1974)

Fondatori dell’hard rock assieme ai Led Zeppelin e dei primi spunti heavy metal, nel 1974 cambiano formazione con l’abbandono di Ian Gillan e Roger Glover sostituiti da David Coverdale e Glenn Hughes che formeranno un mix di voce profonda e acuta perfetto. Sforneranno due bellissimi album, rispettivamente alla posizione 3 e 6 della classifica di Billboard, Burn e Stormbringer prima di comporre Come Taste The Band con Tommy Bolin alla chitarra. Possiamo considerarlo uno degli album più sottovalutati del gruppo, forse dovuto all’abbandono di Ritchie Blackmore. L’album presenta risvolti blues e il classico virtuosismo della band, brani come "Love Child" e "You Keep On Moving" diventeranno simbolo di questa formazione prima di lasciare la scena dopo la tragica morte di Bolin. Su billboard l’album si classifica diciannovesimo ma a distanza di tempo è molto apprezzato dai fan.


Emerson, Lake & Palmer - Love Beach (Atlantic Records, 1978)

Questo disco di brutto ha solo tre cose: la copertina, il titolo e "The Gambler". Per il resto, pur non essendo un capolavoro, la sua fama di disco inascoltabile è totalmente ingiustificata. Il primo movimento della suite "Memoirs of an Officer and a Gentleman" (intitolato "Prologue / The Education of a Gentleman") è una delle cose più commoventi di tutta la discografia, e anche in brani relativamente minori come la title-track e "A Taste of My Love", vi sono elementi di interesse, nel primo caso una linea di chitarra memorabile, e nel secondo un drumming furioso e azzeccatissimo. Non sarà una delle prove migliori di Emerson, Lake & Palmer, ma non merita certo la sua fama!


Grand Funk Railroad - E Pluribus Funk (Capitol, 1971)

Una band che negli USA dava filo da torcere ai Led Zeppelin e ai Deep Purple ma che al di fuori della nazione è sempre stata semisconosciuta. La bravura dei componenti è invidiabile, soprattutto la voce incredibile del loro chitarrista Mark Farner. Un gruppo sottovalutato che conseguentemente ha prodotto album sottovalutati come lo splendido "E Pluribus Funk". Quest’album oltre che essere di prelibata fattura ha lasciato canzoni come "Footstompin’ Music" e "Loneliness" che sono diventate pezzi fondamentali in ogni concerto. E’ un album dotato di grande energia ma anche elaborato in alcuni frangenti che rimandano al tipico progressive della loro era,gli anni ’70. Canta spesso anche Don Brewer, il batterista, dotato di una voce più potente ma meno alta rispetto a Farner. Il gruppo e lo stesso album sono raramente citati nelle riviste di settore e nella musica in generale.


Jethro Tull - A (Island Records, 1980)

Questo disco originariamente doveva essere l'esordio solista di Ian Anderson, ma la casa discografica lo volle come un disco dei Jethro Tull (il gruppo si era sciolto subito dopo il tour di "Stormwatch), rimandando così il primo disco di Anderson nel 1983. Spesso definito freddo e calcolato, "A" non è nessuna delle due cose. Si tratta soltanto di musica diversa da quella che ci era stata data fino all'album precedente, ma pur sempre geniale. "Black Sunday", "Uniform" (che grazie al violino del mitico Eddie Jobson sembra un brano degli UK) e "And Further On" sono tre brani che non potrebbero essere definiti in altra maniera.


Le Orme - Il Fiume (Tring, 1996)

Uno dei più grandi gruppi Progressive della scena Italiana che si perde parzialmente cosi come praticamente tutti gli altri negli anni ’80 quando il pop tornava alla ribalta insieme alla nascita della New Wave e del Punk. Tornano nel 1996 con un nuovo tastierista, Michele Bon, e con un disco di meravigliosa bellezza, "Il Fiume". Le copie vendute saranno presso meno 50.000 considerando anche la piena rinascita del gruppo colmata anche da un nuovo suono orientale con l’utilizzo del Sitar, tipico strumento indiano che Aldo Tagliapietra osservava da tempo. "Madre Mia" e la title track diventeranno anche brani riproposti nelle track-list di numerosi live. E’ la conferma che, quando si tratta di certa musica, il talento e lo stile inconfondibile non muoiono mai.


Roxy Music - Manifesto (EG Records, 1979)

Dopo un breve ibernamento di tre anni, i Roxy Music sono usciti con un disco un po' diverso dai loro standard, e quindi a volte visto un po' con disprezzo. "Manifesto" è infatti il classico disco di transizione, tra l'Art Rock di "Siren" e il futuro romanticismo di "Flesh + Blood" e "Avalon". E' invece un ottimo disco, un buon equilibrio tra le due fasi. Alcuni brani degni di nota sono "Still Falls The Rain", "Dance Away", "Spin Me Round" e soprattutto "Stronger Through The Years", essenziale per qualsiasi bassista.


Subsonica - L'Eclissi (EMI, 2007)

L'Eclissi è uno di quei dischi che la critica non ha mai saputo digerire appieno. Chi lo reputa troppo commerciale e fiacco a livello di testi, fa da contraltare a chi invece lo considera uno dei migliori della band. Restando su una posizione intermedia, possiamo senz'altro dire che a livello melodico e di "vendibilità" questo è il disco più pop della band, ma senza le perle che trovavamo in Microchip Emozionale e Amorematico. Nonostante questo, alcuni pezzi, come "Veleno", "Canenero", il singolo "La Glaciazione" e "Nei Nostri Luoghi" sono degni dei migliori lavori dei Subsonica e confermano come anche questo disco sia in realtà un'opera più che buona meritevole almeno di lodi relative al songwriting, alla produzione e alle linee vocali di Samuel che riesce, nonostante il timbro glielo impedisca molto spesso, a infilare un paio di metriche originali. Buon disco.


(Editoriale a cura di Jacopo Muneratti [Curved Air, Emerson Lake & Palmer, Jethro Tull, Roxy Music], Alessandro Leone [Deep Purple, Grand Funk Railroad, Le Orme] e Emanuele Brizzante [Afterhours, CSI, Subsonica])

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Jacopo, I finally was able to translate your writing using Google Translator, and of course the first post I read was on Roxy Music. You did a wonderful job, not only reviewing each album and pointing out key songs on each one, but putting everything in historical context. I will definitely spend more time reviewing your blog, now that I can translate from Italian to English. Keep up the good work.

Sincerely,
Rich

Jacopo Muneratti ha detto...

Thank you for the kind comment! I'm glad you were able to find a way to read our blog! Thanks a lot for your appreciation, it means a lot to me!