lunedì 12 luglio 2010

La Tempesta Sotto Le Stelle @ Ferrara, 10 Luglio 2010

Rassegne come Ferrara Sotto le Stelle in Italia ce ne sono poche. Che ogni anno portano musica di questo livello promuovendo artisti internazionali e non grazie anche ad autentici ed inesorabili bagni di folla. E quest'anno a fare da ciliegina sulla torta non è bastato il sold out del concerto dei Pixies, ma i "vertici" de La Tempesta, l'etichetta di Molteni dei T.A.R.M., hanno pensato di organizzare un concerto in cui praticamente suonavano tutti i gruppi di questa realtà.
Ed ecco quindi un totale di 6 ore e mezza di musica, tutta di altissima qualità, con i suoi pregi e i suoi difetti. Elencati, in disordine, sotto.

Cosa andava:
  • tutti i gruppi erano di ottimo livello, se non tecnico comunque musicale
  • la gente ha dato un apporto enorme per quel che concerne la partecipazione e il calore che solo il pubblico italiano, sappiamo, sa dare
  • alcune band hanno sfornato set non banali nel contesto
  • c'erano CD e fumetti gratis per i primi entrati
  • il prezzo era decente
Cosa non andava:
  • la gestione dell'ingresso al "second stage" era oscena, lentissima e il servizio sicurezza trattava le persone come carichi di bestiame
  • nel "second stage" l'acustica non era il massimo soprattutto per band iperdistorte come i Cosmetic
  • alcune band non hanno saputo sfruttare al massimo il tempo fornito (es. Le Luci della Centrale Elettrica)
Superata questa fase descrittiva un po' da cronaca nera, il discorso resta uno solo. E' stata una giornata magnifica, nonostante io non sia riuscito, personalmente, a vedere Altro, Il Pan del Diavolo e Giorgio Canali (con i Rossofuoco e i Frigidaire Tango), guarda caso, per colpa della security di cui sopra. 
Andando con ordine, i Cosmetic, con un'ottima tenuta di palco ma penalizzati dal sound troppo "risonante" del cortile interno del Castello Estense, hanno offerto una buona mezzora di vero rock alternativo italiano, seguiti dal rap schizofrenico ed assolutamente originale di quel genio di Uochi Toki, che ha spiattellato rime velocissime per una trentina di minuti senza mai fermarsi, a sovrastare quelle basi perfette per questo genere che riescono a farti dimenticare tutta la porcheria hip-hop da classifica che ci propina TRL senza passare dal via. E poi i Sick Tamburo, band comunque valida ma debole dal punto di vista tecnico e dell'originalità, con un sound troppo granitico e canzoni tutte troppo uguali l'una all'altra. Il passamontagna li aiuta e "Il Mio Cane a Quattro Zampe" trascina abbastanza da farteli piacere a tutti i costi.
Da qui in poi tutto bene. Zen Circus perfetti, lasciando stare ogni discorso "di forma", coinvolgenti come pochi, veri e propri re del second stage, con quasi 1000 persone (limite massimo del cortile) a cantare a squarciagola i cori e i ritornelli, saltare, sbracciarsi e ridere con le loro solite frecciatine di cui si parlava anche qui.
Moltheni, nell'ennesimo "concerto addio" sfoggia quaranta minuti di buon rock parapsichedelico pseudoalternativo pseudoclassico, pseudo-qualsiasi cosa, ma pur sempre Moltheni. Con quella voce che ricorda, alla lontana, il Manuel Agnelli dei bei tempi e musicisti che danno al tutto un colore molto pinkfloydiano, in certi frangenti, complice soprattutto il Fender Rhodes. Sempre azzeccato.
E il trittico finale, con tutto il pubblico concentrato nella Piazza Castello e il suo selciato ammazzalegamenti, quando il palco secondario è stato chiuso, con Tre Allegri Ragazzi Morti, Le Luci della Centrale Elettrica e Il Teatro degli Orrori, di fila, con poco da attendere, per fortuna.
TARM ottimi come sempre, in calo tecnico ma in ottima forma, a centellinare il reggae dell'ultimo disco pur senza dimenticare le vecchie hit come "Ogni Adolescenza" e "Il Principe in Bicicletta", scatenando un pogo che definire immondo non sarebbe neanche esagerato. Vasco Brondi, idolo della folla da vero padrone di casa, pecca di vanagloria (come direbbero gli amici del circo zen), e si sporca le mani con due cover (di cui la bellissima "La Domenica delle Salme" del mai troppo compianto De André), una canzone nuova, un reading di Emidio Clementi dei Massimo Volume durato meno di 2 minuti e le sole "Per Combattere l'Acne" e "Piromani" a regalare all'esaltatissimo pubblico un motivo per cui cantare. Un'esibizione comunque sopra le righe, grazie anche a Rodrigo d'Erasmo al violino, e questo contesto che ha dato al tutto un'aria diversa, sicuramente, migliore. 
E infine Il Teatro degli Orrori, i più attesi, i più graditi. Cinquanta minuti per loro, in parte sprecati dai soliti discorsi di Capovilla e noise casuale degli strumentisti imbarbariti dagli ascolti mai troppo rinnegati di Jesus Lizard e quel non so ché di noise storico. Ma le hit "E' Colpa Mia", "A Sangue Freddo" e "La Canzone di Tom" non sono mancate, dando alla gente un ultimo motivo per ricordare una giornata fantastica.

La Tempesta Sotto Le Stelle, esperienza unica che DEVE essere ripetuta, con un'organizzazione migliore, su certi aspetti, ma senza lamentarsi troppo. E' pur sempre rock. 







-si ringrazia "disorderedsoul" per i video-

sabato 10 luglio 2010

GTBT incontra la scena italiana #2: MasCara - seconda parte

(continua)


Come sono i vostri concerti? Quali elementi prevalgono tra questi? Coinvolgimento del pubblico, presenza scenica, coreografia, musica, intensità, poesia.
Direi che ci sono una po’ tutti ma quella che sicuramente prevale è la componente sonora. Il tentativo è quello di creare il “wall of sound” e infatti i pezzi dal vivo sono più potenti e le distorsioni sono meno contenute che sull’Ep. Però c’è anche la cura della presenza sul palco e la poesia. In futuro vorremmo anche riuscire a proiettare delle immagini che accompagnino il nostro show ma per ora è fantascienza vista la mancanza di posti in cui suonare. Non siamo il gruppo che scambia il palco per la spiaggia di una villaggio turistico ma l’impatto con il pubblico per ora è stato sempre molto positivo e viene quasi sempre veicolato dall’intensità della musica e dalla nostra grinta sul palco.

Quanta importanza hanno i testi all'interno delle vostre canzoni? Chi li scrive e cosa volete comunicare in generale quando decidete di buttare giù quelle parole?
Totale. L’importanza del testo è totale. I testi sono come dei film e la musica è la sua colonna sonora. Se ci fosse solo musica rappresenterebbe solo l’emozione privandola della componente umana e l’immedesimazione da parte di chi ascolta. Le sole parole resterebbero come un esercizio di poesia o come racconti bidimensionali mentre l’unione tra testo e musica crea l’effetto cinematografico che vogliamo: potenza sonora e potenza evocativa. Non è importante che il racconto sia verosimile o appartenga al piano della realtà. Non racconto la cronaca, io come autore di testi, mi occupo della costruzione di storie i cui protagonisti per mezzo di azioni o parole simboliche aggancino le persone dando loro la possibilità di trovare significato. Un proprio significato.
Non mi piace raccontare qualcosa che sia palesemente chiara e intelligibile. Non è con l’avvicinarsi della telecamera alla realtà che questa ci si presenterà fedelmente, anzi più la simulazione della realtà si avvicina e più paradossalmente diviene aliena. Io cerco di muovere i fili delle emozioni e degli stati d’animo affinché le persone trovino in quello che scrivo la medesima umanità, le medesime sensazioni e non la stessa visione del mondo o la stessa storia.

Un'ultima domanda per non rubarvi troppo tempo! Il titolo del vostro EP è "L'Amore e la Filosofia" mentre nei titoli delle canzoni troviamo nomi come Ettore, Andromeda, un "fiore del male" di baudelariana memoria. Nelle vostre influenze c'è quindi altro oltre alla semplice musica, c'è anche letteratura, o sbaglio?
Si direi che nella nostra musica c’è tutto quello che si presta alla rappresentazione. Come dicevo prima, il teatro è un buon espediente per spiegare la nostra musica e la nostra intenzione. Devo anche sottolineare che non uso la letteratura come unico sostegno alle idee riguardante il testo perché cerco di evitare le citazioni. Mi piace prendere i personaggi della mitologia o della letteratura perché hanno già in se un valore simbolico, sono già personaggi “vuoti e quindi da indossare” che spostati dal loro universo di senso sono capaci di raccontare dell’altro. Nel prossimo disco infatti c’è un pezzo che si chiama "Post Modern Dorian Gray" e che utilizza il personaggio di Dorian calandolo in una realtà omologata che rincorre l’eterna giovinezza. La mia volontà, e spero che io sia abbastanza capace da riuscirci, è quella di prendere i personaggi e veicolarne in maniera semplice lo stato emotivo, i loro pensieri e quello che potrebbero volerci dire. Vorrei utilizzarli come specchi da luna park che nel loro deformare mettano in evidenza quello che spesso non vediamo o non vogliamo vedere perché fossilizzati sull’idea di VERO o VEROSIMILE. Nella rappresentazione simbolica trovo maggiori spunti e maggiori opportunità per distaccarmi da quello che ormai la quotidianità mi dice essere la vita reale, la nostra condizione di uomini e donne, le scelte culturali/ musicali di questo paese. La verità non passa attraverso un'unica visione della realtà ma passa attraverso le esperienze di vita dei singoli. Ne "L'amore e la filosofia" viene fuori questo secondo me: la parola Amore che in prima battuta potrebbe far pensare al solito classico e ormai “violentato” amore tra uomo e donna viene rappresentato come l’AMORE in senso umano e ASSOLUTO mentre la FILOSOFIA, che è ragione, si manifesta in SCELTA. Quest’ultima a volte è subita o effettuata. Quindi l’amore assoluto inteso come BENE è una SCELTA. O si resta nel buio o si esce alla luce. I miei personaggi scelgono la luce dell’amore cioè del bene ovvero della vita, a costo di soffrire a costo di morire, oppure scelgono il buio con la stessa intensità e con lo stesso godimento, proprio come nella realtà. Nessun giudizio, solo la rappresentazione della scelta e le emozioni che la riguardano. Mi sono dilungato ma ci tenevo a spiegarlo. La letteratura è un pozzo infinito di personaggi così come il cinema o la storia. Meno cronaca più racconto. Sono convinto che come umanità abbiamo bisogno di storie da raccontarci e da “tramandarci”, che si portino su un piano diverso da quello della mera informazione. Le notizie diventano cronaca la quale è strettamente vincolata al tempo (al qui ed ora) e diventano sua testimonianza. I masCara invece cercano le storie che danno un significato umano superando il concetto di tempo, ciò che ha un importanza vitale sempre, al di sopra del luogo e del tempo e che utilizzano le variabili luogo e tempo solo perché la rappresentazione teatrale da inscenare crei l’immedesimazione con i suoi personaggi .

Grazie mille e se sono stato pedante perdonami tu e mi perdonino i lettori.

Emanuele Brizzante e Fusaro Lucantonio dei MasCara per GTBT

venerdì 9 luglio 2010

GTBT incontra la scena italiana #2: MasCara - prima parte

I MasCara sono una band lombarda molto lanciata nell'underground della zona ultimamente. Secondo noi si meritano un posto in prima fila nel futuro della scena italiana, ed ecco perché abbiamo deciso di intervistarli. Lucantonio, tra i membri fondatori della band, ci ha dedicato un po' del suo prezioso tempo.

-INTERVISTA-
Ciao, è un vero piacere intervistare voi MasCara qui su GTBT. I più ferrati avranno sicuramente sentito già il vostro nome circolare ultimamente, ma purtroppo il grosso della gente ha ancora molto da imparare (giusto per perdere un po' di lettori con queste critiche, haha). Introducete il progetto. Perché suonate e, soprattutto, perché MasCara?
Ciao Emanuele, in primis grazie per la seconda volta, parto dal principio, cioè dal fondo. Il nome MasCara è stato scelto quasi per caso, ma siccome – per quanto mi riguarda – il caso è solo una somma di variabili che per limiti umani non possiamo prevedere né calcolare, è stato scelto in quanto denso di significati.
Mascara ha una doppia proprietà, fa pensare al trucco (ed è quindi immediato e facile da ricordare) ma la parola che non ha origini latine diventa Màscara cioè Maschera. Ultimamente ci è anche venuto in mente che se dividiamo la parola e la scomponiamo in Mas Cara il suo significato diventerebbe in spagnolo “più caro”. In ognuna di queste manifestazioni di senso la nostra band si ritrova.
Il mascara come trucco è un elemento che si aggiunge per dare potenza alla parte più nuda e sincera del nostro essere: gli occhi, la vista, potremmo dire che aiuti a concentrare l’altro verso, l’unica parte esteriore capace di comunicare uno stato interiore, verso la porta dell’anima. La nostra musica si sposa molto bene con le arti visive e cerca di dare potenza agli stati emotivi. E’ musica per l’anima che attraverso la potenza evocativa e sonora da forza e risalto all’interiorità.
La maschera rappresenta invece la possibilità di vestire diversi ruoli pur rimanendo se stessi. Rappresenta l’interpretazione. La nostra musica e i nostri testi sono come abiti di scena, sono personaggi di fantasia. Pensano, agiscono, lottano e sperano; qualcuno piange, qualche altro uccide ed ogni volta in veste di cantante mi sento un attore, pronto ad inscenare il dramma o la commedia. In più la nostra idea della vita potrebbe ben rappresentarsi attraverso il teatro e giusto per rimanere in tema di CASO proviamo in un cinema/teatro a Somma Lombardo da quasi un anno.
Per ultimo c’è il senso dovuto alle parole Mas Cara. La vita, le persone, i loro dubbi, le loro ansie e la loro esistenza ci sta MOLTO CARA e credo che attraverso i testi questo traspaia in maniera prepotente.
Sono convinto che dire dei MasCara che suonino per Caso sia abbastanza rappresentativo alla luce di quanto detto sopra.
La band nasce il 27 ottobre 2007 e dopo diversi cambi di line-up ci siamo stabilizzati a 6 elementi che sono: Claudio Piperissa (chitarra) Fusaro Lucantonio (voce e chitarra) Marcello Montorfano (chitarra) Marco Piscitiello (basso) Nicholas Negri (batteria) Simone Scardoni (synth, violoncello, pianoforte)
Ci tengo a precisare che l’età media della band è di 24 anni.

Avete scelto la forma dell'EP per debuttare, un veicolo abbastanza di moda ultimamente, che scelgono in molti per uscire dall'anonimato. Perché anche voi avete deciso di utilizzarlo? Seguirà un disco o che altro?
Lo abbiamo utilizzato prima di tutto perché è più economico (per modo di dire naturalmente, perché se vuoi un prodotto di qualità la spesa è comunque elevata, e visto che siamo stati da soli in questa scelta, è ricaduto tutto sulle nostre tasche), ma lavorando con Matteo Cantaluppi e Ivan Rossi abbiamo ottenuto un lavoro qualitativamente elevato che già mette in evidenza quali sono le nostre intenzioni e qual è il suono che ci caratterizza. Questo non riguarda il solo uscire dall’anonimato, siamo comunque poco noti, ma credo che sia più una questione legata alla necessità di sapere se sei in grado di fare bene o no. Ti misuri con il tuo suono e con le tue idee al massimo della forma, non ci sono più le scuse della registrazione casalinga, se quello che fai non suona o è poco chiaro lo devi affrontare. Poi naturalmente c’è la possibilità e la volontà di farsi conoscere e di poter ambire ad un ascolto attento grazie al raggiungimento di un livello, potenzialmente, pari a quello di una produzione medio-alta di band o artisti più conosciuti.
Il disco è già in cantiere e probabilmente uscirà a febbraio del 2011. Saremo ancora alla corte di Matteo ed Ivana questa volta al MONO STUDIO di Milano; saremo ancora soli, a meno che qualcuno voglia interessarsi al nostro progetto, e conterrà 10/11 brani originali tra cui i primissimi brani da noi composti le cui bozze erano sul nostro MySpace fino a due anni fa (insieme ad una versione ibrida ed elettronica di "Fiore del Male"). Il nuovo lavoro sarà caratterizzato dalla volontà di raccontare la forza distruttiva e ricreativa del cambiamento e nello specifico nel passaggio dalla fine dell’adolescenza all’ingresso nella giovane età adulta. Non ci sarà un vero e proprio filo che lega ogni storia ma come per “L’amore e la filosofia” ci saranno diverse storie e diversi personaggi che rappresenteranno i passaggi in maniera differente. Si parlerà di guerre personali, di speranze, di confronti generazionali. Per quanto riguarda il suono stiamo lavorando affinché ci sia continuità con l’amore e la filosofia nella sua alternanza tra Buio e Luce ma anche dando qualche nuovo spunto ritmico e qualche particolare arrangiamento di archi e di elettronica. A settembre tutto quello che è approssimativo inizierà a prendere una forma definitiva.

Parlando personalmente con uno di voi ho appurato una vostra consapevolezza della difficoltà di trovate date per una band uscita da poco. Date ai nostri lettori l'idea di cosa significa doversi promuovere agli inizi, circoscrivendo, se ritenete necessario, alla vostra regione.
Guarda la questione Live è un altro di quei problemi che soffrono un po’ tutte le band e nello specifico quelle che non hanno alcun tipo di agenzia o di supporto. I posti nella nostra zona sono pure pochi e in più quelli che ci sono o hanno i loro “giri” di artisti o di agenzie oppure non sono adatti. Devo confessare che siamo un gruppo problematico perché suoniamo in 6, il solo tastierista ha un “armamentario” ingombrante e da gestire e non contenti abbiamo anche le basi per le sezioni d’archi e per alcuni effetti elettronici. La quantità di suono è veramente tanta e il volume abbastanza elevato, questo comporta che se il posto è troppo piccolo o se non abbiamo tutti i mezzi necessari per la riproduzione dei suoni viene fuori solo un gran rumore scomposto e la godibilità dello show viene meno. I problemi quindi stanno nel sistema d’ingaggio e nelle scelte di stile che uno fa. Per il primo la soluzione è farsi un gran mazzo di telefonate, di pressioni, di implorazioni, di “mi ha detto di chiamare alle 14.30 ma non risponde…”, di “ mandami la richiesta sulla nostra posta così che ti rispondo”, di “abbiamo tutto pieno fino a settembre”, “abbiamo pieno fino a giugno”, di “vi faccio sapere”. Per la seconda riguarda la coscienza: o suoni dappertutto rischiando di rompere le palle anche ai tuoi amici che non possono seguirti ogni 50 metri per sentirti suonare ogni fine settimana il medesimo repertorio o decidi di mirare le tue uscite per dare sempre il massimo e per non rischiare di sfiancare la gente, specialmente agli inizi dove si suona fondamentalmente nel territorio di casa.

Cosa ne pensate delle collaborazioni con altre band? I featuring spesso sono scelte discografiche ma improvvisazioni, jam e partecipazioni ai live a volte regalano al pubblico "qualcosa di più". E' un'idea che condividete? Se si, la metterete in pratica in futuro?
Abbiamo avuto un brutta esperienza iniziale non tanto con le collaborazioni ma con il concetto “ti do una mano” o “mi piace quello che fate” espresso da altre band. Quindi preferiamo per ora uscire da soli anche perché suonando in questo assetto a sei siamo già abbastanza ingombranti, però non è detto che in futuro, con le giuste persone, e nel giusto luogo, si possa pensare di collaborare o di predisporre serate in cui band che si stimano suonino insieme. Per ora nelle strette vicinanze c’è solo la condivisione di palco nelle varie manifestazioni di provincia o nei concorsi. Per quanto riguarda gli album credo che sia una scelta dettata dalla conoscenza di artisti che possono stimare il tuo lavoro. Per ora a noi questo non è capitato, o meglio, abbiamo ricevuto complimenti anche da artisti noti ma non è capitato che da una buona considerazione da un artista o band dell’underground italiano sia nata la possibilità di una collaborazione.


(continua)
Emanuele Brizzante e Fusaro Lucantonio dei MasCara per GTBT

giovedì 8 luglio 2010

GTBT incontra La Scena Italiana #1: Edipo

Edipo è il nome d'arte che Fausto Zanardelli ha scelto per il suo ultimo progetto. La recensione del suo primo disco si trova qui, e qui sotto invece, in esclusiva per Good Times Bad Times, un'interessante intervista che si prefigge l'obiettivo di delineare la figura di Edipo, spiegare il significato del progetto e andare ad estrapolare anche qualche curiosità dal genio di Fausto. Buona lettura.  

-INTERVISTA-
Ciao Fausto, un saluto dallo staff di GTBT e grazie del tempo che ci dedichi. Sei uscito ultimamente con un nuovo progetto e un disco molto interessante. Alcuni lo sanno già, altri magari non ne hanno sentito parlare. Introducilo un po', di cosa si tratta? 
Ciao a tutti, la mia “ultima fatica” e’ stata proprio il dare vita ad un progetto musicale che in questo momento mi rappresentasse, ed e’ nato EDIPO. Con questo pseudonimo ho firmato il mio primo album “Hanno ragione i topi”. Un progetto di musica "pop" dove pop cerca di stare per popolare e non per banale.

Il nome d'arte che hai scelto fa riferimento all'eroe della mitologia greca o a cos'altro? Spiegaci la scelta e cosa vuole indicare.
Cercavo un nome facile da ricordare e sono incappato involontariamente nel film Edipo Re di P.P. Pasolini. E’ stata una scintilla, il nome mi piace perché racchiude dentro il suo mito il succo del conflitto generazionale, senz’altro uno dei motori del mio “voler far musica”.

Nei tuoi testi ricordi molti cantautori della scena vecchia e recente, ma fare nomi non è sempre positivo. Se dovessi definire i tuoi testi, come li inquadreresti con un paio di termini? Io direi "riflessivi" e "descrittivi", descrittivi di una realtà che insomma, riguarda tutti noi. O sbaglio?
Sicuramente descrittivi! Il mio intento e’ di fare qualcosa in cui tutti si rispecchino partendo da qualcosa che invece e’ molto mio. Diciamo che ambisco al dono della sintesi, almeno ci provo. Una cosa che mi rende immensamente felice e’ che i testi sono proprio ciò su cui si sta concentrando positivamente la critica di settore.

Le tue esperienze passate non sono certo passate inosservate ma hanno avuto anzi una certa risonanza mediatica. Cos'è rimasto nella musica del tuo nuovo progetto? Senti di esserti evoluto o gli echi di progetti come Edwood rimangono anche in Edipo?
A livello stilistico Edipo e’ sicuramente una pagina inedita nel mio percorso artistico. Una delle cose che mi e’ piaciuta e’ scoprire a posteriori delle similitudini con artisti che ho sempre ammirato senza pero’ averle cercate, come dire, arriva un giorno che con il tuo bagaglio di esperienza ti metti semplicemente a scrivere canzoni e trovi un tuo stile autentico.

Come sono i tuoi concerti? Lasci spazio solamente alla musica e alle parole, o ci sono anche apporti scenografici o di contatto col pubblico? Ascoltando le tue canzoni mi vengono strane idee su oggetti che si potrebbero associare alle parole o cose di questo tipo. Che ne pensi?
Mah, non saprei, essendo i testi molto “onomatopeici” si prestano molto a rappresentazioni visive; purtroppo, sai com’è, quando giri ti trovi a tagliare tutti i fronzoli e quindi per il momento mi limito ad un concerto rock, poi l’ interazione con il pubblico per chi fa il mio mestiere e’ la linfa di tutto.

Un paio di domande canoniche. Che ne sarà del progetto Edipo, continuerà o cambierai di nuovo volto prossimamente? Inoltre che ne pensi del panorama nel quale ti muovi? L'Italia è piuttosto fiorente in quanto ad underground ma il clima non è sempre lo stesso in tutte le regioni. A casa tua come si sta?
Beh, me la chiami…”a casa mia piove”…no, apparte gli scherzi, Edipo sicuramente continuera’, anzi, esiste già più della meta’ del prossimo disco che poi vedro’ strada facendo dove destinare. Il panorama indipendente e’ molto prolifico, escono dei buoni prodotti, l’importante e’ che un gruppo o un solista abbia una forte personalita’ e al momento ce n’e’ in giro di roba che spacca.

Arrivati a questo punto, non mi resta che chiederti: in cosa hanno ragione i topi?
Nel sapersi accontentare, nell’usare i nostri scarti per alimentarsi, in natura non vince il piu’ evoluto, ma il piu’ prolifico, quindi hanno ragione i topi a non evolversi, il progresso non e’ sempre sinonimo di perfezionamento.

Grazie di averci dedicato un po' del tuo prezioso tempo, ci sentiamo presto
Grazie a voi, sicuramente ci sentiremo presto!

Fausto Zanardelli ed Emanuele Brizzante per GTBT

mercoledì 7 luglio 2010

Devo - Something for Everybody (Warner Music Group, 2010)

Recensione scritta per Indie for Bunnies
Tracklist:
1. Fresh
2. What We Do
3. Please Baby Please
4. Don't Shoot (I'm A Man)
5. Mind Games
6. Human Rocket
7. Sumthin'
8. Step Up
9. Cameo
10. Later Is Now
11. No Place Like Home
12. March On


Recensione:
Il ritorno dei Devo arriva dopo tanta attesa a cancellare tutte quelle paure che alcuni dubbiosi hanno portato avanti dopo i tanti anni di inattività studio e l'invecchiamento che non si può, ovviamente, contrastare. Ma la verità è che la carica di questa band non si è per niente attenuata e tornano, con questo Something for Everybody, più in forma che mai, aiutati da un sound moderno e vagamente dance.
Quello che propongono non è comunque molto diverso da ciò a cui tutti sono sempre stati abituati fin dal glorioso debutto, se non per l'evoluzione nel sound che si è progressivamente modernizzato fino a raggiungere in questo caso un "pareggiamento" con quelli che sono i suoni tipici di questo genere nel duemiladieci. Non stupisce quindi che ricordino molti dei gruppi indie inglesi come i Franz Ferdinand (e molti altri) che storicamente si rifanno a loro, ma che hanno avuto dalla loro un avanzamento aiutato dall'assenza sulle classifiche delle band storiche come appunto Devo, Joy Division e, per certi versi, i Cure e i New Order. Il singolo "Fresh" da il via ad un filone di canzoni prettamente elettroniche e smaccatamente ballabili, con un'anima molto radiofonica e assolutamente intrisa di melodie, sia vocali che strumentali, difficili da dimenticare. Le altre sono "What We Do", "Don't Shoot I'm A Man" e "Human Rocket", quest'ultima un tuffo negli anni '80 ma con i suoni degli anni zero. Non tra le migliori, ma sicuramente un brano azzeccato. "Step Up" e "Mind Games" ricordano vagamente le grandi hit storiche dei Devo ma si presentano però meno lucide, seppur non rappresentino gli episodi peggiori di questo lavoro (la lenta "No Place Like Home" può sembrare fuori luogo, forse per la poca versatilità della voce di Casale, ma è essenziale per un disco in cui non c'è nessun diversivo se non questo brano, a livello di velocità ed atmosfera). "March On" in alcuni momenti risulta irritante, quasi un riempitivo, e probabilmente è questo il suo ruolo vista la posizione in tracklist (nonostante un ritornello comunque molto orecchiabile e che a molti piacerà). 
Something for Everybody ha molti pregi: è a passo coi tempi, presenta una band in grande forma, prodotta benissimo, con una presenza ottima a livello tecnico e con ancora le idee chiare, nonostante si innesti su un percorso che già avevano calcato e ricalcato per almeno due decenni, influenzando quasi chiunque volesse fare questo genere. L'unico difetto può essere proprio quello di arrivare fuori tempo massimo, proprio nel momento del declino del genere, ma questo almeno serve a contrastare le tesi di alcuni detrattori che parlano di "mossa discografica", perché, con un minimo di logica, si può capire come fare un disco del genere non li farà certo spuntare fuori su MTV a cinquant'anni. Diciamo solo che dopo tutto quello che hanno dato alla musica, se lo possono anche permettere. Una band che non invecchia mai, un disco più che buono, non sottovalutatelo.

Voto: 7.5

lunedì 5 luglio 2010

Deluded by Lesbians - The Revolution of Species (New Model Label/Audioglobe, 2010)

La recensione è stata scritta per Indie for Bunnies
Tracklist:
1. The Origin of Delusion
2. She Do Wanna
3. Ringo Starr
4. Don't Laugh For Me Argentina
5. Nobody Knows
6. Pompei
7. C'mon Get In
8. Crystal Balls
9. Bird Watching
10. Love is Blind
11. Revolution/Primary Needs
12. We Don't Care
13. United States of Delusion

Recensione:
Da qualche anno sulla scena indipendente italiana si è affacciata una formazione alquanto particolare, perlomeno eccentrica, eclettica e sopra le righe, che con due EP e svariate esibizioni dal vivo che li ha portati anche a vincere un contest allo Sziget Festival, hanno già fatto parlare molto di sé. Arriva però solo ora il primo full-length, prodotto da Luca della celebre band italiana Serpenti, che dà quel giusto tocco di garage rock al sound dei Deluded by Lesbians, il cui scopo con questo disco, citandoli, è "sembrare intelligenti pur non essendolo veramente".
Effettivamente il contenuto del disco non è banale come alcuni si potrebbero aspettare dall'ennesima rock band alternativa italiana, pur senza nessuna innovazione che possa considerarsi storicamente tale. E' un dato di fatto che l'Italia pulluli di realtà molto importanti ed interessanti, ma anche di gruppi che pensano che fare musica sia uno scherzo. E i risultati si vedono. i Deluded by Lesbians vogliono fare (o fingere di fare) musica seria scherzando, un gioco che li ha portati a creare un disco veramente valido, a metà tra hard rock, pop smodato e vagamente radiofonico, qualche joke nei testi e nei titoli, stoner di stampo vintage e infine un po' di punk rock, che non guasta mai. L'arrangiamento dei brani è notevole, come dimostrano ad esempio "Ringo Starr" e "Nobody Knows", quest'ultima vagamente californiana nel portamento della chitarra e nelle ritmiche, forse tra i pezzi più spensierati di questo album. La "rivoluzione" della specie è abbastanza complessa da inquadrare sotto un'unica etichetta, ed ecco infatti che basta ascoltare "Pompei" e, in sequenza, "C'mon Get In" per rendersi conto che gli elementi che influenzano la band sono tanti, creando una tavola variopinta e fatta dei più squisiti e luminosi toni, impennate di chitarra che ricordano, senza esagerare, i primi Weezer e i Queens of the Stone  Age (o i fratelli maggiori Melvins, come alcuni momenti di "Bird Watching" attestano), e un apporto alla batteria e al basso che conferisce un assetto granitico al tutto nonostante una costruzione leggera, priva di pomposi esibizionismi e tecnicismi di sorta, per dare quell'aria semplice e a suo modo piena, potente e graffiante, allo stesso tempo.
Il disco è notevole e fa sentire tutta la voglia di suonare, di divertirsi e di far divertire, di questi ragazzi. Si focalizza sui brani, tutti composti molto bene e tutti decisamente catchy, con la benedizione di un cantato che converte in sproloqui originali anche le più stereotipate ciarlerìe hard rock, forse per evidenziare come anche utilizzando le solite caratteristiche abusate da chiunque si può costruire qualcosa di nuovo e non assomigliare agli AC/DC (e soprattutto senza una grande tecnica). Il secondo disco sarà la conferma, quasi certamente, di una band partita col piede giusto. Consigliato.

Voto: 7+

domenica 4 luglio 2010

Il Teatro Degli Orrori Live @ Sherwood Festival, 30 Giugno 2010


Ennesimo live in zona per i padroni di casa Teatro degli Orrori, tra le band di punta dell'attuale scena (circa)indipendente, meglio detta alternativa, italiana. Dopo il cambio di formazione i loro live si sono dimostrati più granitici ma meno compatti, ma sembra che i nuovi membri stiano facendo il giusto rodaggio e il risultato stia migliorando. Manzan alla seconda chitarra fa un buon lavoro, a parte qualche partenza stonata, ma le sue abilità da polistrumentista vengono parzialmente liquidate dalle esagerate pretese e il quasi nullo interesse suscitato dalla sua one-man band Bologna Violenta, un misto troppo eterogeneo e poco giustificabile  di hardcore, techno, rock ironicamente definibile d'avanguardia e citazioni cinematografiche, come il nome lascerà intuire. Da dimenticare il suo show, anche se a certi può piacere, e lo si deve ammettere.
Il live della band capitanata da Pierpaolo Capovilla è invece la solita tirata al fulmicotone, purtroppo placati dalle ordinanze comunali che hanno ristretto a 94db il limite massimo delle acustiche dei concerti in zona stadio di Padova, con molto piacere degli organizzatori dello Sherwood Festival, il più grande della provincia. Ma picchiando progressivamente sempre di più la formazione è riuscita a tirare su un live di tutto rispetto, con una scaletta per niente banale (mancava la hit "Direzioni Diverse" e c'era una rara "Die Zeit" in conclusione), anche se impegnata a ricalcare quelle che già da un anno ormai propongono, con "Due" in apertura e il bis potentissimo concentrato sul primo disco (con le vecchie hit "Compagna Teresa" e "Dio Mio", "Vita Mia" suonata a metà, "E Lei Venne" e "Scende la Notte", però stavolta saltata probabilmente per accorciare il live in virtù delle limitazioni di volume ed orario di cui sopra). Tra i pezzi del disco nuovo spiccano "E' Colpa Mia" e "Majakovskij", che ricreano con le tematiche trattate nei testi il terreno ideale per battute e declamazioni che Capovilla fa sue con una tenuta di palco, una gestualità ed una capacità di intrattenere il pubblico che lo elevano alle massime posizioni nella classifica dei "frontmen" della scena italiana. Senza ombra di dubbio, nonostante la sua tecnica assolutamente scadente, che si sente soprattutto nelle canzoni più melodiche e quando l'impianto a volumi bassi, come stasera, mette in risalto le linee vocali sopra il resto. La migliore per resa rimane "Per Nessuno", l'inedito disponibile solo su I-Tunes e trafugato poi per gli utenti di YouTube. In forma anche Franz Valente alla batteria, potentissimo, nonostante i frequentissimi errori a cui ormai tutti sono abituati (e un suono di rullante molto migliorabile), mentre anche il nuovo bassista continua ad immergersi sempre più nel suo ruolo, dal quale qualche mese fa sembrava particolarmente distaccato (anche a livello di immagine). Gionata Mirai sempre molto abile nel sostenere tutte le parti melodiche dei pezzi, anche se un po' più di cura nel sound non guasterebbe.


Il live è durato circa 90 minuti ed ha dimostrato, come sempre, come una band come questa si possa anche permettere di presentarsi senza una particolare attenzione ai suoni e alla precisione creando comunque uno spettacolo notevole, gradito quasi da tutti i presenti che non danno adito a critiche se non per lamentare l'assenza della già citata "Direzioni Diverse". Concerto veramente coi controcoglioni, nonostante i tanti difetti sopraindicati, che risulta determinante nel dimostrare la vastità del pubblico e degli orizzonti di una delle più grandi band italiane nel 2010, in sintesi un'esperienza da consigliare a chiunque rispetti e segua la "nuova musica" del Belpaese (o dell'"itagliaccia", come l'ha definita il buon Capovilla).

sabato 3 luglio 2010

A Luglio si suona...e si suona parecchio (parte 2)

(continua)


16.07.2010 JETHRO TULL, Piazzola Sul Brenta (PD)
16.07.2010 SIMONE CRISTICCHI, Padova
16.07.2010 IGGY POP e GANG OF FOUR, Azzano Decimo (PN)
16.07.2010 CURTIS JENSEN BAND e LOS WET-TONES, Trieste
16.07.2010 CALIBRO 35, Nogara (VR)
16.07.2010 AFTERHOURS, Sant'Agata Bolognese (BO)
16.07.2010 MICAH P. HINSON e UNEPASSANTE - Bovolone (VR)
17.07.2010 ELIO E LE STORIE TESE, Sant'Agata Bolognese (BO)
17.07.2010 PAOLO NUTINI - Ferrara
17.07.2010 BAUSTELLE e WHITE LIES, Azzano Decimo (PN)
17.07.2010 MOTEL CONNECTION, Padova
17.07.2010 ELISA, Trieste
18.07.2010 MICAH P. HINSON e UNEPASSANTE - Ferrara
18.07.2010 THE TOASTERS, Bologna
19.07.2010 BOLOGNA VIOLENTA, Bologna
19.07.2010 AFTERHOURS, Sesto San Giovanni (MI)
20.07.2010 LINEA 77 e EXTREMA, Noventa di Piave (VE)
21.07.2010 PLANET FUNK, Noventa di Piave (VE)
22.07.2010 JONSI e JENNIFER GENTLE, Ferrara
22.07.2010 HEIKE HAS THE GIGGLES, Villadose (RO) 
22.07.2010 VELVET, Faedis (UD)
23.07.2010 PERTURBAZIONE, Villadose (RO)
23.07.2010 LE VIBRAZIONI, Noventa di Piave (VE)
23.07.2010 TURIN BRAKES e JOYCUT, Bologna
23.07.2010 GAZEBO PENGUINS, MONOTONIX e LUCERTULAS, Curtarolo (PD)
24.07.2010 PAPA ROACH, Pinarella di Cervia (RA)
24.07.2010 MODENA CITY RAMBLERS, Bologna 
24.07.2010 NORAH JONES, Venezia
24.07.2010 KINGS OF CONVENIENCE, Ferrara
24.07.2010 ELIO E LE STORIE TESE, Piazzola Sul Brenta (PD)
24.07.2010 PENELOPE SULLA LUNA e ...A TOYS ORCHESTRA, Lido della Nazioni (FE)
25.07.2010 CARMEN CONSOLI, Villadose (RO)
25.07.2010 BADLY DRAWN BOY e CLOBEDA'S, Sesto al Reghena (PN)
25.07.2010 KYUURI, DIVA SCARLET e DOGS DON'T LIKE TECHNO, Bologna
26.07.2010 LEIBEI, TETTE BISCOTTATE e MUMBLE RUMBLE, Bologna
27.07.2010 MOLTHENI, Bologna
27.07.2010 ELIO E LE STORIE TESE, LITFIBA e PATTI SMITH, Carpi (MO)
27.07.2010 KINGS OF CONVENIENCE, Tarvisio (UD)
28.07.2010 BEST COAST, Bologna
28.07.2010 IL TEATRO DEGLI ORRORI, Firenze
29.07.2010 LITFIBA, Villafranca di Verona (VR)
29.07.2010 AMOR FOU, Bologna
30.07.2010 SERPENTI, Portomaggiore (FE)
31.07.2010 THE GLAMOUR MANIFESTO, Portomaggiore (FE) 

giovedì 1 luglio 2010

Colya - 54 E Non Sentirli (Autoproduzione, 2010)

 
La recensione è stata scritta per Indie for Bunnies
Tracklist:
1. Io Non Ti Vedo
2. Colya
3. I Saldi
4. Personale Peccato Originale
5. Vivere Una Favola
6. L'Aria
7. Niente
8. Ma Che Mi Avevano Detto
9. Strumentale
10. Come Quando Piove
11. La Mia Eta'
12. Perchè

I Colya sono una formazione emergente altamente interessante. Fiorentini, quindi toscani, anche loro, come la miriade di band che ultimamente sta sorprendendo tutta la scena italiana, per la grande (radio)attività, magnetica come poche, della regione. Questi ragazzi propongono un rock molto alternative, che spezza nodi sinaptici altalenanti di secondo in secondo tra gli echi dei Muse ("Colya" ricorda molto alcune delle canzoni più ballabili della formazione britannica, nella strofa, salvo poi diversificarsi nel ritornello, più che altro per l'apporto vocale del buon Nardi, anche chitarrista e violinista) e quelli del panorama grunge (vedasi, per questo, "Personale Peccato Originale"). La tradizione alternativa italiana partita coi CCCP, evoluta coi Litfiba e i loro spigoli più classici, poi portata a compimento da Marlene Kuntz ed Afterhours negli ottimi nineties, è immancabile anche in questo disco dei Colya, dal singolo "Io Non Ti Vedo", alle linee vocali (a volte molto simili a quelle di Cristiano Godano del periodo pseudo-grunge) di "Ma Che Mi Avevano Detto" e passando anche per "Come Quando Piove".
La produzione del disco è ancora molto indipendente, senza tanti filtri e smussamenti da major. Questo conferisce al disco un'anima più rock, o meglio, più garage, vagamente malinconica nell'overall, senza mai diventare troppo "depressiva" (niente emo per i Colya). I testi molto interessanti ricordano quelli di Canali, di Samuel Romano o di Manuel Agnelli, ma paragoni a parte hanno comunque un tratto personale, disilluso, compiaciuto, in linea con la musica.
Quello che i Colya vogliono comunicare arriva dritto a destinazione, complice quello spirito grunge che sorge all'inizio del disco e tramonta solo nel finale, portando con sé tutta l'opera. Quando varcheranno le soglie del successo potremo avere la prova definitiva del valore, già molto evidente, di una band come questa, manca solo la giusta pressione per vedere cosa sapranno tirare fuori in situazioni difficili, magari di fretta. Ottimo lavoro.

Voto: 7.5

mercoledì 30 giugno 2010

A Luglio si suona...e si suona parecchio (parte 1)

Sulle montagne. Nelle pianure. Sulle colline. Vicino all'acqua di laghi, fiumi e mari. In Italia a luglio si suona parecchio, tra festival importanti e festival di piccola taglia, concertoni ipersovvenzionati da critica e stampa e concertini che nessuno caga. L'importante è non diventare mai sordi e continuare a seguire la buona musica. Ecco una selezione di date da seguire a Luglio:

01.07.2010 RAMMSTEIN, Villafranca di Verona (VR)
01.07.2010 MARTA SUI TUBI, Bologna
02.07.2010 AFTERHOURS leggono ENNIO FLAIANO, Rimini
02.07.2010 BAUSTELLE, Padova
02.07.2010 VALLANZASKA, Conselve (PD)
02.07.2010 ADAM GREEN, Bologna
03.07.2010 DENTE, Padova
03.07.2010 METRO MADNESS e GLORY BOYS, Trieste
03.07.2010 AEROSMITH, CRANBERRIES, STEREOPHONICS, KID ROCK e PLAN DE FUGA, Venezia
04.07.2010 GREEN DAY, 30 SECONDS TO MARS, RISE AGAINST, EDITORS e BASTARD SONS OF DIONISO, Venezia
04.07.2010 BUENA VISTA SOCIAL CLUB, Piazzola Sul Brenta (PD)
05.07.2010 BLACK EYED PEAS, MASSIVE ATTACK e CYPRESS HILL, Venezia
05.07.2010 STEVIE WONDER, Verona
05.07.2010 OZZY OSBOURNE e KORN, Piazzola Sul Brenta (PD)
06.07.2010 PEARL JAM, SKUNK ANANSIE, BEN HARPER, GOSSIP e WOLFMOTHER, Venezia
06.07.2010 THE FIRE, Conselve (PD)
06.07.2010 GONG, Bologna
08.07.2010 CURRENT93, Padova
08.07.2010 L'INVASIONE DEGLI OMINI VERDI, SCACCIAPENSIERI e DURACEL - Conselve (PD)
09.07.2010 MARK KNOPFLER, Piazzola Sul Brenta (PD)
09.07.2010 ETEREA POSTBONG BAND e ETNIA SUPER SANTOS, Bologna
09.07.2010 BAD BRAINS, Padova
09.07.2010 DEVOCKA, Lido degli Estensi (FE)
09.07.2010 REZOPHONIC, Verona
10.07.2010 ELIO E LE STORIE TESE, Cervignano del Friuli (UD)
10.07.2010 ELECTRO VENICE FESTIVAL, Venezia
10.07.2010 LOVE IN ELEVATOR, Stanghella (PD)
10.07.2010 TEMPESTA SOTTO LE STELLE, Ferrara
10.07.2010 CANADIANS, Zevio (VR)
10.07.2010 VINICIO CAPOSSELA, Padova
12.07.2010 PIERPAOLO CAPOVILLA legge MAJAKOVSKIJ, Rimini
13.07.2010 MERCANTI DI LIQUORE e CARNEIGRA, Ferrara
13.07.2010 2 PIGEONS e SAMUEL KATARRO, Bologna
14.07.2010 ZZ TOP - Padova
14.07.2010 SIMONE CRISTICCHI, Porto Tolle (RO)
14.07.2010 BLOOD RED SHOES, Bologna
14.07.2010 SKA-P e GOGOL BORDELLO, Padova
15.07.2010 ELVIS COSTELLO, Mantova
15.07.2010 DWEEZIL ZAPPA, Piazzola Sul Brenta (PD) [...]

Emergenti:
02.07.2010 ENTROPICA, Padova
02.07.2010 BONEBREAKER GENTLEMEN, Stanghella (PD)
13.07.2010 ENTROPICA, Riese Pio X (TV)

martedì 29 giugno 2010

Succede Una Sega - Il Cavallo di Troia (A Buzz Supreme, 2010)



La recensione è stata scritta per Indie for Bunnies

Tracklist:
1. Succede una Sega
2. Digging for Birds
3. Gli Errori di Copernico
4. La Cura
5. Ubriaco
6. Dance
7. Uovo alla Coque
8. L'Ultima Moda
9. Rimpiango L'Utero
10. Questa Città
11. Esplosione di una Raffineria

"Paghiamo gli eccessi degli anni '80, noi siamo gli errori di Copernico". Una frase che in bocca a qualcun altro sarebbe diventata un inno, un must, un refrain indimenticabile, ma siccome lo dicono tre simpatici toscani che ancora devono uscire dal bunker dal quale sono già emigrati Zen Circus ed altri, allora resterà una perla per pochi. Quello che propongono i Succede Una Sega è un punk rock anti-cliché, pregno di alternative e momenti melodici, senza tralasciare qualche momento noise e quelle scudisciate garage date da un uso assolutamente graffiante delle chitarre e della voce. "Centocinquanta morti ricoperti di ketchup" e "centomila asini fottuti da un cavallo", quello di Troia, citato in "La Cura", la canzone che dovrebbe passare per title-track ma che invece è stata trasformata in qualcos'altro, nel titolo, per fortuna. E funziona, eccome se funziona. Il punk di questi ragazzi stupisce, per la potenza, i testi assolutamente fuori dagli schemi, vicini al cantautorato tipico degli ultimi anni italiani, con le sue impennate ballabili che derivano sicuramente da quegli anni '80, o dai Gang of Four. Con qualche, anacronistico, sassofono. L'animo alla base del disco è comunque pop, snocciolato con distorsioni e momenti d'alta scuola rumoristica, quasi crossover, seppur senza poter dare troppo credito ad un'etichetta del genere. "Questa città" fa troppo il verso ai Marlene Kuntz più melodiosi e sdolcinati, ma rimane comunque un brano fortemente carico ed intenso, forse tra i più comunicativi di questo lavoro insieme a "Ubriaco".
E poter dire che finalmente c'è un disco italiano nel duemiladieci con undici brani tutti strafighi, è sicuramente una cosa da non dimenticare. Se li ho sopravvalutati scrivetemi pure un messaggio, ma non penso potrò accettare le vostre obiezioni. Gran disco, composto bene, suonato meglio ed interpretato in maniera magistrale.

Voto: 8.5

lunedì 28 giugno 2010

Trabant e Dente Live @ Home Page Festival, Udine, 25/06/2010


 
L'Home Page Festival ad Udine regala musica live gratis per tutta l'estate nell'affascinante cornice del Parco del Cormor. Venerdì 25 giugno è toccato ai Trabant e Dente, dopo una lunga rassegna di band emergenti (l'unica che ho sentito proponeva cover ben eseguite, ma ci si chiede quale senso abbia chiamare, tra le miliardi di realtà valide in Italia, una band di questo tipo...), scaldare il pubblico, neanche troppo numeroso ma piuttosto caloroso, accorso in questa location immersa nel verde.
I triestini Trabant come sempre sparano un set al fulmicotone, complici in particolar modo la voce del cantante, precisa ma non sempre intonatissima, comunque interessante in virtù della forte personalità del frontman, aiutata da un timbro subito riconoscibile, e di gran resa, le tastiere efficaci quanto mai negli arrangiamenti sia su disco che in concerto, e la batteria non sempre impeccabile ma di sicuro impatto. Il basso, nelle versioni in studio abbastanza valido a scandire le tempistiche dei brani più powerful, non risalta invece nelle performance live, forse per un sound migliorabile. I brani dell'ultimo disco suonano quasi tutti molto bene, anche se il suono della chitarra, forse per colpa di un mixaggio affrettato a livello di acustica o per qualche problema tecnico all'amplificazione, ha penalizzato molto l'overall. Pollice alzato soprattutto per "Hostile Commando DIY" e "So Proud". Dal vecchio disco solo pochi brani, come l'immancabile "Waste of Time", probabilmente uno dei loro pezzi più azzeccati in queste situazioni. In ogni caso un live coinvolgentissimo e forse il vero "highlight" di questa giornata di Home Page.

Ed ecco l'attesissimo Dente arrivare con i suoi "scagnozzi", come li introducevano i supporter Trabant, a proporre la sua cantautorale italiana di alto livello, essendo uno tra i pochi, negli ultimi anni, ad aver lavorato duro per riportare in alto un genere sepolto da tempo (insieme a Vasco Brondi, Brunori SAS, Van De Sfroos e alcuni altri). La gente conosce i pezzi ma non accenna a collaborare particolarmente, lasciandosi comunque "condurre alle risate" dalle solite frecciatine di Giuseppe, abile in questo ruolo tanto quanto in quello di musicista (non si sa quanto abbiano gradito i friulani presenti sentire la loro terra scambiata per l'Alto Adige, ma il musicista fidentino è solito schernire il suo pubblico con giochetti simili). Tra tutti i brani eseguiti spiccano sicuramente le più celebri, "Le Cose che Contano" e Canzone di Non Amore"


Ps. Durante il set dei Trabant la corrente ha ceduto per un paio di minuti, ma i quattro non si sono fermati continuando anzi ad incitare il pubblico con cori da "villaggio turistico", come loro stessi hanno fatto notare. Puro stile live. 



* foto non tratte dal live di Udine. Tutti i diritti delle foto vanno agli autori (Monelle Chiti e Fondazione Arezzo Wave Italia)

giovedì 24 giugno 2010

The Drums - The Drums (Island, 2010)


Tracklist:
1. Best Friend
2. Me And The Moon
3. Let's Go Surfing
4. Book of Stories
5. Skippin' Town
6. Forever and Ever Amen
7. Down By The Water
8. It Will All End In Tears
9. We Tried
10. I Need Fun In My Life
11. I'll Never Drop My Sword
12. The Future

Ennesimo bagno mediatico ingiustificato o meritata escalation alle chart? Il self-titled dei The Drums prova a dare un verdetto su questo quesito, facendo chiarezza e decidendo se collocarli tra i fenomeni modaioli di durata piuttosto ridicola (un disco, al solito), coccolati da Pitchfork, NME e quant'altro, oppure se dargli dignità di fenomeno destinato a continuare.
Il prodotto è essenzialmente buono, anche se prodotto in una maniera piuttosto spoglia e quasi vintage. Punto a suo favore. L'aria che si respira è quella di un indie pop piuttosto party-oriented, dall'atmosfera gaia e ballabile, ma corredato della solita timbrica vocale iperdepressa come ogni band di questo tipo si diverte a riprodurre, e senza mancare della classica devozione al post-punk anni '80 e '90 diventato ormai irrinunciabile humus per ogni nuova band che si voglia (auto)definire indie. Il pezzo più celebre, "Let's Go Surfing", suona molto di Beach Boys reinterpretati dai Joy Division o dagli Interpol, e nonostante questo riesce ad essere un pezzo spensierato e vagamente adatto per un dj set post-concerto, di quelli che ormai si è soliti fare per tentare di convincere la gente a non abbandonare i locali uccidendo tutti con gli esageratissimi prezzi delle consumazioni. Lo stesso accade in "Book of Stories", con i suoi arpeggi più fedeli al pop anni '60, sempre di matrice britannica, però con un occhio di riguardo al surf e alle feste studentesche da telefilm. Sicuramente non brillano per inventiva od originalità, andandosi ad innestare in un canale già battuto e ribattuto da decine di band, come i validi ma comunque poco freschi We Have Band, anche se a volte interpretato in maniera decisamente ben studiata (ad esempio in "I'll Never Drop My Sword", con tutti i suoi connotati new wave che, comunque, alla lunga, stancano). Un altro brano abbastanza danzereccio e, nel contesto disco, considerabile tra i migliori, è l'opener "Best Friend", dove il cantato ricorda vagamente i primi successi dei The Smiths, ma senza esagerare. Per il resto i pezzi sono tutti molto simili a quelli già citati, o comunque fungono da filler per sopperire a questa mancanza di ispirazione che è comunque onnipresente e necessita di (palesi)diversivi.
Di per sé sarebbe riduttivo parlare di brutto disco, perché di canzoni "brutte" non ce ne sono. Il problema vero e proprio è l'assenza di un motivo per spenderci soldi o tempo, dopo che milioni di band hanno già fatto la loro parte per portare nelle nostre case questo genere in tutte le sue più improbabili declinazioni. Una produzione "antiquata" e un buon uso delle chitarre e degli strumenti del comparto ritmico risollevano l'andazzo del disco, giovando in particolar modo alla sua intrinseca volontà festaiola a volte spezzata dall'incuria dark e new wave, e sicuramente la sufficienza la merita, seppur con qualche riserva. Un disco interessante solo per i superfanatici dell'indie-qualunque e da evitare se non si vuole bestemmiare di fronte all'improponibile ripetersi di questi cliché. Sgraziati, banali, ma accettabili. 

Voto: 6+

mercoledì 23 giugno 2010

Edipo - Hanno Ragione i Topi (Jestrai/Produzioni Dada, 2010)



Tracklist:
1. Solo Con Tanti
2. E' Banale Stare Male
3. Per Fare Un Tavolo
4. Petrarca
5. L'Orgoglio Elettorale
6. Un Nuovo Concetto di Thè
7. Appartamenti
8. Sono Qui Ma Torno Subito
9. Hai Hai Hai Hai
10. Sospendimi

Fausto Zanardelli è un artista polivalente, eccentrico, già conosciuto per le sue precedenti esperienze in Gretel e Hansel, Edwood ed altri progetti, tutti, per altro molto validi. Con lo pseudonimo di Edipo non fa eccezione: stavolta posa la sua attenzione sull'attualità, la cultura italiana, insomma, il mondo che ci circonda, con una vena cantautorale ben piantata sopra un sottosuolo di pop italiano e qualche sfumatura rock che non guasta mai.
Fin dal buonissimo inizio di "Solo Con Tanti" si percepisce l'alto livello del disco, fatto di testi pungenti ma terra terra, simili ai recenti Bugo, Dente e Simona Gretchen, per certe nuances, ma più devoti alla letteratura italiana del novecento, a Daniele Silvestri, e ai rapper sempre molto avidi in fatto di rime e giochi di parole, onnipresenti nelle liriche di Fausto diventato Edipo. Tutto questo si registra particolarmente bene in "Sono Qui Ma Torno Subito" e "E' Banale Stare Male", quest'ultima dall'anima molto chart pop, ed un testo vicino a quello dei Bluvertigo, accomunabili a questo disco anche per gli apporti a sintetizzatori e tastierine. Il disco è molto "light", orientato a un ascolto non troppo impegnato né impegnativo, e le melodie sono comunque incluse in quel range molto radio-friendly che aiuta a digerirle con più facilità (ancora, come dicevamo, alla Bugo degli ultimi tempi - vedasi "L'Orgoglio Elettorale"). A parte conquistare l'interesse estremo dei blog che ha consacrato il successo di band italiche come gli Amari, un disco come questo può fare molto di più, con parole che toccano tutti, con disillusione e molte venature critiche che sfiorano il paradossale, la filastrocca, il gioco semantico. E se le farmacie di notte costano di più, arriva subito il bellissimo testo di "Per Fare Un Tavolo", molto simpatico ed ironico, che parla di droga, bisogni, motivazioni dietro le nostre azioni, richiamando il proverbiale Endrigo.
Facendo una sintesi Edipo propone un gioiellino di pop che in questo duemiladieci brillerà ulteriormente, se contestualizzato in un panorama dove questo genere ristagna nel mainstream dal quale è inglobato (vedasi Il Genio e tutti quelli sopracitati), per perdere la sua natura "indipendente" che invece un disco come questo preserva in maniera ineccepibile, alla faccia dei "critici della tecnica". Un disco che racconta, stupisce e si fa desiderare. Hanno ragione i topi. 

Voto: 8

martedì 22 giugno 2010

Terza Pietra Dal Sole - L'Ira Di Orfeo (Autoproduzione, 2010)





La recensione è stata scritta per Indie for Bunnies

Tracklist
1. Universo Tascabile
2. Moto Perpetuo
3. Pioggia
4. 3x2
5. Fuga dal Do Minore
6. Corrente Alternata
Recensione
I Terza Pietra dal Sole, band emergente di Varese, escono dall’anonimato con un improvvisa serie di concerti e un bell’EP autoprodotto registrato al Feeling Music Studio, nella loro città natale. L’Ira di Orfeo effettivamente è un prodotto molto ben fatto, d’impatto, con un’anima che lo classifica senza problemi nella lista dei dischi da ascoltare almeno una volta in ambito emergenti d’interesse nazionale. Senza esagerare. Perché con tutte le loro influenze, tra alternative, nu metal, grunge, e chissà cos’altro, spingono sulle distorsioni e sulla bellissima voce di Elisa Begni per forgiare brani nuovi, con un approccio molto personale che ne allontana, dopo le prime sequenze di ascolti, i possibili accostamenti  che sulle prime si potrebbero fare citando Skunk Anansie, Rage Against the Machine e molte delle band del panorama indie rock inglese, soprattutto per quel che riguarda i riff di chitarra. Le linee vocali rimangono in testa in maniera indelebile, posizionandosi all’interno di quel tipo di cantato tipico della tradizione italiana ma dalla grande presa, molto catchy e per questo d’indole radio-friendly, come l’intero disco in tutte le sue sfaccettature (compresi i lavori di basso e chitarra). La batteria picchia il giusto, senza esagerazioni di sorta, scandendo il tempo con un apporto minimale e, nonostante tutto, perfetto nel riempire e nel ritmare i sei brani, nonostante alcune imprecisioni che sono state opportunamente limate in fase di post-produzione. Da migliorare il mix del rullante in alcuni passaggi, anche se questo, ovviamente, non incide sulla buona riuscita dell’album e delle ritmiche complessive. Particolarmente interessante in ottica radiofonica potrebbe essere “Moto Perpetuo”, mentre la più degna di nota risulta essere l’opener “Universo Tascabile”, con un guitar work piuttosto semplice ma intuitivo, graffiante e coinvolgente, con il cantato a fargli da eco.
Sostanzialmente i Terza Pietra dal Sole producono un ottimo debut EP, senza passare mai per le vie dell’innovazione, lasciando, volenti o nolenti, la parola “originalità” lontana dal loro uscio. Ma non per questo le canzoni suonano copiate o prive di un senso di appartenenza, che invece si sente molto quando si va a valutare la tipologia di sound (vedasi “Fuga dal Do Minore”, ad esempio), di per sé molto personale e, con un’analisi ulteriore, individuale di ogni musicista che compone la band. Un EP da ascoltare e valutare criticamente, senza pregiudizi, solo affidandosi alla carica rock di questi nuovi artisti piemontesi. Yeah.  



Voto: 7.5