lunedì 5 luglio 2010

Deluded by Lesbians - The Revolution of Species (New Model Label/Audioglobe, 2010)

La recensione è stata scritta per Indie for Bunnies
Tracklist:
1. The Origin of Delusion
2. She Do Wanna
3. Ringo Starr
4. Don't Laugh For Me Argentina
5. Nobody Knows
6. Pompei
7. C'mon Get In
8. Crystal Balls
9. Bird Watching
10. Love is Blind
11. Revolution/Primary Needs
12. We Don't Care
13. United States of Delusion

Recensione:
Da qualche anno sulla scena indipendente italiana si è affacciata una formazione alquanto particolare, perlomeno eccentrica, eclettica e sopra le righe, che con due EP e svariate esibizioni dal vivo che li ha portati anche a vincere un contest allo Sziget Festival, hanno già fatto parlare molto di sé. Arriva però solo ora il primo full-length, prodotto da Luca della celebre band italiana Serpenti, che dà quel giusto tocco di garage rock al sound dei Deluded by Lesbians, il cui scopo con questo disco, citandoli, è "sembrare intelligenti pur non essendolo veramente".
Effettivamente il contenuto del disco non è banale come alcuni si potrebbero aspettare dall'ennesima rock band alternativa italiana, pur senza nessuna innovazione che possa considerarsi storicamente tale. E' un dato di fatto che l'Italia pulluli di realtà molto importanti ed interessanti, ma anche di gruppi che pensano che fare musica sia uno scherzo. E i risultati si vedono. i Deluded by Lesbians vogliono fare (o fingere di fare) musica seria scherzando, un gioco che li ha portati a creare un disco veramente valido, a metà tra hard rock, pop smodato e vagamente radiofonico, qualche joke nei testi e nei titoli, stoner di stampo vintage e infine un po' di punk rock, che non guasta mai. L'arrangiamento dei brani è notevole, come dimostrano ad esempio "Ringo Starr" e "Nobody Knows", quest'ultima vagamente californiana nel portamento della chitarra e nelle ritmiche, forse tra i pezzi più spensierati di questo album. La "rivoluzione" della specie è abbastanza complessa da inquadrare sotto un'unica etichetta, ed ecco infatti che basta ascoltare "Pompei" e, in sequenza, "C'mon Get In" per rendersi conto che gli elementi che influenzano la band sono tanti, creando una tavola variopinta e fatta dei più squisiti e luminosi toni, impennate di chitarra che ricordano, senza esagerare, i primi Weezer e i Queens of the Stone  Age (o i fratelli maggiori Melvins, come alcuni momenti di "Bird Watching" attestano), e un apporto alla batteria e al basso che conferisce un assetto granitico al tutto nonostante una costruzione leggera, priva di pomposi esibizionismi e tecnicismi di sorta, per dare quell'aria semplice e a suo modo piena, potente e graffiante, allo stesso tempo.
Il disco è notevole e fa sentire tutta la voglia di suonare, di divertirsi e di far divertire, di questi ragazzi. Si focalizza sui brani, tutti composti molto bene e tutti decisamente catchy, con la benedizione di un cantato che converte in sproloqui originali anche le più stereotipate ciarlerìe hard rock, forse per evidenziare come anche utilizzando le solite caratteristiche abusate da chiunque si può costruire qualcosa di nuovo e non assomigliare agli AC/DC (e soprattutto senza una grande tecnica). Il secondo disco sarà la conferma, quasi certamente, di una band partita col piede giusto. Consigliato.

Voto: 7+

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