lunedì 3 maggio 2010

Gogol Bordello - Trans-Continental Hustle (Side One Dummy, 2010)

Tracklist


Eugene Hutz e la sua pazza orchestra sono una garanzia. Sia live che su disco spiazzano da anni ormai con la loro carica eccezionale che fonde gypsy, hip-hop, reggae, punk, dance, generi talmente distanti da loro che immaginarli fusi in siffatta maniera risulta veramente sconvolgente. L'est pulsa incontrastato, con quelle melodie che ti ricordano continuamente che stai ascoltando un insieme di musicisti russi ed ucraini traslocati in America dove hanno potuto raggiungere l'insperato successo. Un disco non molto diverso dagli altri, sterile in quanto a evoluzione, ma coinvolgente all'inverosimile, con ritmi sempre molto ballabili seppur con qualche impennata più folk-punk e momenti rallentati quasi midtempo.
L'inizio delle danze è affidato alla veloce e cadenzata Pala Tute, con i suoi ritmi gypsy ripresi poi con la stessa grazia ma con meno successo da Rebellious Love e My Companjera, interrotta da momenti sempre molto orientaleggianti ma leggermente più lenti come Uma Menina, le ballad Sun Is On My Side e When Universes Collide e lo scorrazzante punkettone dei momenti più potenti di Immigraniada. Ci sono meno influenze hip-hop questa volta ma rimane il reggae, ad esempio in Last One Goes The Hope, molto "jamaican" come ritmica anche se ci pensano le fisarmoniche e la voce a portare geograficamente altrove la canzone. 

Break The Spell esplode con tutto il suo gaudio e la sua gioia, preceduta dall'assoluta spensieratezza del duo To Rise Above e In The Meantime In Pernambuco, non tra i migliori episodi del disco ma comunque sempre sollevati sopra l'altare del puro divertimento. Da gustare assolutamente in concerto.
I Gogol Bordello hanno capito come piacere alla gente e non perderanno certo il primato di band più strana e divertente del momento cambiando genere, anche se li salverebbe dal baratro della perdita totale di originalità. E' importante notare come anche tecnicamente siano una grande band, e anche la produzione affidata al buon Rick Rubin (il cui zampino sempre molto riconoscibile stavolta è soffocato dalla bizzarria dell'orchestrina) tenga alto il livello del disco, questo per stigmatizzare la loro immagine di gruppo senza alcuna lacuna né tecnica né d'apparenza, che gli ha fatto guadagnare un posto nell'olimpo delle band più richieste live del momento, anche in Italia (o soprattutto qui?). Ma del resto con un frontman come Hutz e delle tirate del genere non poteva succedere diversamente.


Voto: 7.5

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