domenica 30 maggio 2010

Puerto Muerto - Drumming for Pistols (Firerecords, 2010)

Recensione su Indie for Bunnies
Tracklist


Dare un taglio originale alla recensione risulta difficile quando tutti quanti hanno detto la stessa cosa finora. Quindi lo ripeterà anche il sottoscritto. I Puerto Muerto suonano musica come se dovessero fare la colonna sonora perfetta del tipico bar di birraioli irlandesi che non aspettano altro che un compagno di bevute che entri dalla porta di legno. Ma poi, riascoltandolo, ci trovi dell'altro. Molto altro. 
L'album si apre, infatti, con Song of the Moon, ballata folk dai toni vagamente blues e southern rock, come tutto il disco del resto, seguita da quel gran pezzo che è Tamar, che poteva essere migliore se dilatato di almeno un minuto e mezzo (alcuni pezzi, come The Bell Ringer e Settle Down Belinda soffrono invece del problema diametralmente opposto). La title-track apre la via a quegli inserti latini tipici di soundtrack di film di Tarantino e Rodriguez, e il paragone con Nancy Sinatra è d'obbligo. E' nelle liriche e nelle relative linee vocali che si sente la vera anima di Christa e Tim, con i loro toni scuri, o meglio, oscuri, quasi dark. Lo dice soprattutto l'episodio più sofferto di questo Drumming for Pistols, cioè Little Recourse, un ottimo lavoro chitarristicamente ma soprattutto per l'apporto vocale che ricrea un'atmosfera decentemente gothic. Interessanti il finale di "Arcadia" coi suoi riff fuzzettoni, la quasi "vuota" ma allo stesso tempo coinvolgentissima ballad country da ubriaconi molesti Hurting Now e il super blues Tanze, il pezzo più "involving" che troverete su questo lavoro, con dettagli di basso da non trascurare e una ballabilità sopra la media degli album del genere. E un altro highlight è sicuramente la conclusiva Goodbye To The End dove la bella voce di Christa Meyer conferisce la giusta, malinconica, profondità alla dimensione altamente cantautorale dei quasi quattro minuti di cui si compone.
I Puerto Muerto hanno un non so ché di particolare nel loro songwriting, una specie di anima che pulsa in maniera stranamente luminosa nonostante l'eccentricità quasi dark che aleggia per tutto il disco, inverosimile se paragonata ai toni blues e danzerecci che a volte lo risollevano dall'oscurità dei suoi momenti di depressione. E' come se finalmente ci fosse un disco che ti spara in faccia tutta la tristezza delle tue giornate fatta in musica senza dover passare per schifezze emo o goth-metal. Ci voleva. 


Voto: 7.5

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