venerdì 21 maggio 2010

Verlaine - Rivoluzioni a Pochissimi Passi dal Centro (70 Horses Records, 2010)


Recensione scritta per Indie for Bunnies
Tracklist


I Verlaine, da Torino, sono una realtà a sé stante, difficile da definire, difficile da inquadrare ed etichettare. Leggendo la loro presentazione del disco si nota un interessante trafiletto che spiega bene o male il contenuto di questo disco.

"Una fuga feroce tra ispirazioni indie d'oltreoceano dove gli archi dei My Latest Novel e disimpegni elettronici di casa Morr Music si accostano alla sapiente autoironia dei '60 di Piero Ciampi e Lucio Battisti."
Il disco è effettivamente un quantomai coinvolgente spaccato su come una band, utilizzando modeste capacità tecniche (comunque ottime, ma non utilizzate in maniera vistosa all'interno di questo lavoro) e tanta, ma proprio tanta, ispirazione, possa unire ingredienti talmente distanti tra loro da risultare quasi indigesti al primo ascolto, per poi penetrare nell'udito della vittima della ripetuta riproduzione dei brani come un raffinato collage dall'aspetto quasi "lussuoso". L'autoironia dei cantautori degli anni '60 citati nella presentazione sorvola tutti i testi inserendosi nelle scalanature della musica, soffusa come all'indie americano piace ma piena negli arrangiamenti che si abbelliscono di strumenti meno consuetudinari come l'ukulele e il trombone per creare un tappeto sonoro che ben si sposa con l'anima pop della musica, e precipitosa scende nelle faticose vite degli italiani per racconti che toccano un po' tutti. Negli ultimi tempi c'è riuscito anche Brunori SAS, anche lui aficionado di Piero Ciampi, e ci ha provato con una disillusione ancora maggiore e una grammatica molto inferiore il buon Vasco Brondi. C'è poesia in questa musica, ma c'è anche tanta voglia di fuggire, in testi come Ti Ho Già Detto Il Mio Nome o Dipendente Pubblico, pur senza mai rasentare la rassegnazione o il senso di sottomissione, lasciati superare da quel sentimento di speranza che è solito trapelare nella traduzione cantautorale anche tra le più pessimiste (Guccini e De André, tra i memorabili). Le atmosfere calorose di Tom Waits #2 e Da Giugno A Maggio creano un filo unico che come una rotaia attraverso tutto questo splendido disco, intimo e malinconico, ma non spietato, non esagerato nei toni e mai macabro, pur lasciando doloranti tracce d'inchiostro sulla pelle dell'ascoltatore. Il pop dei My Latest Novel, con qualche prospettiva di avvicinamento anche a Malcolm Middleton solista, è solo una parte dell'immenso mondo dei Verlaine, impegnati a creare un universo loro, dal quale fuggire, dopo i primi ascolti, sarà impossibile.
Ai Verlaine-dipendenti sconsigliamo di smettere, disintossicarsi da queste cose è sbagliato. Dovrebbe essere illegale. Gran disco.


Voto: 8.5

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