mercoledì 29 settembre 2010

Francesco Guccini - Fra La Via Emilia e Il West (EMI, 1984)


Tracklist:
CD1
1. Canzone per un'amica
2. Autogrill
3. Il Vecchio e il Bambino
4. Il Pensionato
5. L'Isola Non Trovata
6. Asia
7. Canzone della Bambina Portoghese
8. Canzone delle Osterie di Fuori Porta
9. Il Frate


CD2
1. Piccola Città
2. Venezia
3. Bologna
4. Eskimo
5. Incontro
6. Vedi Cara
7. Un Altro Giorno E' Andato
8. Canzone Quasi D'Amore
9. La Locomotiva

Recensione:
E così nel 1984 Francesco Guccini pubblicava una raccolta di pezzi live che sarebbe passata alla storia. 

In verità non è proprio così giacché si possono reperire qua e là numerose recensioni ed opinioni diversificate per questo disco dal vivo, ma è nel singolo ascoltatore che si concretizza l'importanza di un episodio della carriera di un artista che gli piace e, tagliando corto, questa è la pubblicazione che preferisco di tutta la sua quarantennale discografia. Perchè? Molto semplice. Nella sua scaletta, scandita da diciotto perle estratte dai primi quindici anni di carriera del cantautore modenese, si rivivono momenti storici e qualche piccola sorpresa (più per oggi che per allora), con tutta la splendida e gigantesca sensibilità che solo Francesco sa garantire ai suoi fans ed ascoltatori. Quasi fossero confidenti. Una costante che si trova ovunque, andando a vedere i suoi spettacoli, ma che difficilmente è stata catturata così bene, come una polaroid che riesca a concentrare su di sé tutte le sfaccettature migliori delle performance di Guccini.

Cenni storici. Le canzoni presenti in questo lavoro sono tratte da quattro concerti del 1984 tenutisi, rispettivamente, al Kiwi di Piumazzo (MO), in Piazza Maggiore a Bologna, al Parco della Pellerina di Torino e al Teatro Tenda a Milano. Non si sente molto la differenza di missaggio tra un brano e l'altro, tant'è che difficilmente è possibile sentire tagli d'ambiente tra tracce contigue. Nel disco, al contrario di quanto succede in molti dei concerti del Guccini nazionale, manca praticamente tutta la parte "discorsiva", e questo probabilmente a causa di motivi di spazio (la durata dopotutto è di 88 minuti, ma all'epoca non si pubblicava su CD). L'eccezione che conferma la regola arriva per l'accenno verbale introduttivo di "Piccola Città", uno dei migliori brani sia di questa setlist che di tutta la produzione gucciniana e che dà il titolo alla raccolta ("Fra la via Emilia e il West" è una frase della canzone, dedicata alla sua città natale). Lo spessore, unito al taglio maturo ma critico, del suo testo rimbomba come una infinita eco di metafore che spiega, con parole di facile comprensione, un mondo infinitamente piccolo ma colorato di una luce che a volte sa essere anche troppo fioca, come quella di Modena, racchiusa tra la Via Emilia e il west rappresentato dalla campagna emiliana. 

Ed ecco il doveroso paragrafo dedicato ai protagonisti dell'opera: i musicisti che accompagnano l'artista sul palco. Sono tutti quelli storici, Juan Carlos Biondini (chitarre), Vince Tempera (piano e tastiere), Ellade Bandini (batteria), Ares Tavolazzi (basso) e Antonio Marangolo (sassofono). Il loro apporto tecnico è assolutamente sopra la media sia per quanto riguarda ciò che per noi oggi significa un concerto di un cantautore, sia per la musica italiana dell'epoca. Parliamo pur sempre di un cantante di caratura nazionale, pertanto con un'attenzione mediatica pari a molte popstars, e, se paragonati a molti delle band "da classifica" degli anni '70 ed '80, questi non hanno di che invidiare a nessuno. Arrangiamenti stupendi per quasi tutti i brani che, senza perdere l'identità donata loro da Francesco nelle studio versions, vengono rieseguiti quasi da zero (si ascoltino "Venezia" e "Vedi Cara", fantastiche in questa veste più late seventies rock-oriented, nobilitate dal sound del comparto ritmico che si presenta in chiave molto più moderna rispetto ai dischi di riferimento, "Metropolis" e "Due Anni Dopo"), dando un prestigioso contributo alla buona riuscita di tutto il carrozzone. Ma il vero "primo attore" è sempre lui, Francesco Guccini, che con un'interpretazione incredibile e una tecnica che, a volte in bilico, spiazza anche chi si pone in posizione di detrattore (a costoro si ridedica "L'Avvelenata", assente qui, nonostante fosse molto gettonata anche nelle scalette di tutti i primi trent'anni di tournée). Le note vengono raggiunte sempre alla perfezione, ed il tono e il timbro della voce, molto caratteristici, conferiscono come sempre la giusta profondità a famosissimi brani come "La Locomotiva", "Bologna" e "Eskimo", che suscitano, a più riprese, gli applausi del pubblico, soprattutto quando le frasi assumono connotazioni più politiche (e meno pittoresche). E' evidente che molte canzoni perderebbero tantissimo senza le splendide capacità vocali dell'emiliano. 
Le sorprese in scaletta non sono poi tantissime. Nessun inedito né riedizioni "massicce" (solo qualche accenno, come dicevamo sopra), ma, raffrontando la scelta di queste tracce con scalette di live come quello alla Radiotelevisione Svizzera del 1982, si può notare una diversificazione che volge le spalle alla produzione recente per dare ampio spazio a "L'Isola Non Trovata" e "Via Paolo Fabbri 43", dischi del 1970 e 1976, dalle quali si estraggono le perfette "Asia" e "Il Pensionato", tra le altre. Imperativo lamentare l'assenza di un paio di grandi brani, cioè "Bisanzio" e "Canzone dei Dodici Mesi", che con l'inserimento dei virtuosismi interpretativi di grandi musici come "Flaco" e Tavolazzi sicuramente avrebbero reso ancora meglio che nelle celeberrime versioni su disco.

Il perchè di una raccolta come questa lo si capisce solo a vent'anni di distanza, quando è evidente tutto il percorso dell'artista Guccini. Il suo voler narrare dei mondi neanche troppo sommersi del quotidiano e dell'intimo, i sottili toni erotici uniti a quelli cavallereschi e storico-geografici, la ruralità diretta ad un pubblico che è sia umile che borghese, parole per un pubblico più "di piazza" che "da palazzetto", nonostante ultimamente ci si inclini di più verso questo tipo di audience. Deviando un secondo da queste poche considerazioni di carattere non strettamente musicale, "Fra La Via Emilia e il West" è il modo migliore di approcciare uno dei migliori cantautori della scena italiana degli ultimi cinquant'anni, surclassando per ampiezza, profondità e competenza delle liriche anche artisti ritenuti "sacri" come Battisti e De Gregori, di cui nonostante tutto non si può dire molto di negativo. Ma un artista come Guccini, ottimo sia su disco che dal vivo (anzi, meglio dal vivo), come lo potete criticare? Se poi ha creato uno dei migliori live album della storia della musica italica, allora, fatevi due conti.

Voto: 9

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