lunedì 7 dicembre 2009

Badloveexperience - Rainy Days (Mabel/Inconsapevole, 2009)


I Badloveexperience sono una band di Livorno già da qualche tempo arrivata ad occupare un posto di rilievo nella scena underground nazionale. Dalle prime note di ogni loro canzone si può percepire che però, se fossero nati in Inghilterra, sarebbero già insieme a The Gossip, Arctic Monkeys, Pete Doherty e tutte le rockstar corteggiate da NME e riviste à la page per quanto riguarda l’indie e l’alternative mainstream. Quello che propongono infatti è un rock dai forti accenti britannici, riversato su disco in entrambe le sue accezioni più comuni: quella più classicheggiante, ancora affezionata ai Beatles e quella più moderna, sempre devota al panorama anni ‘60 e ‘70 ma più ballabile e che guarda con un occhio malinconico e disinvolto alla scena rockabilly e ai Rolling Stones. Il risultato è modesto, senza dubbio sopra la linea del discreto.
Nelle diverse tracce di questo disco i toscani si dimostrano frizzanti, a passo coi tempi, volutamente orecchiabili e con una buona dose di originalità nonostante le varie influenze inserite nel frullatore non abbiano prodotto un risultato tanto omogeneo da non distinguerle e poter parlare di un lavoro innovativo. Nonostante questo la “radiofonicità” di una potenziale hit come “Break Away”, in apertura, e della movimentata “Somebody Born to Walk (and Some to Fly)”, spiazzano anche chi parte con le premesse peggiori di ascoltare un gruppo clone di altri cloni. La genuinità di questo “Rainy Days” è evidente anche nella più pop “Ballad of a Libertine”, vicina alla malinconia tipicamente inglese di band come Babyshambles e The Kooks (quelli meno festaioli, si intende). In effetti l’atmosfera quasi londinese si avverte in “Knowing All The Things I’ve Known” e la conclusiva “All The Heroes, Unfamous People”. Di per sé non c’è molto da dire in più sull’album, le componenti più veloci e spensierate si alternano a quelle più smorzate e cupe, come nella pura tradizione delle band indie del Regno Unito (con l’unica differenza che stiamo parlando di quattro ragazzi di Livorno). Da degustare attentamente in concerto sono soprattutto le tracce più rock’n'roll, come “Dear M. Boy”, che qualsiasi fan di The Wombats, The Fratellis ecc. potrà indubbiamente gradire.
Il tentativo di imitare le più fortunate band inglesi tentando di dare un approccio personale (in questo caso non particolarmente riuscito) è apprezzabile, in realtà, solo fino ad un certo punto, in quanto ci si aspetta da chi fuori dall’Inghilterra tenta di copiarne gli stilemi l’inserimento di qualche ingrediente nuovo, qualche contaminazione col patrimonio musicale locale (e i risultati, pensandoci bene, avrebbero potuto anche peggiorare, quindi è difficile fare una previsione azzeccata a riguardo). In ogni caso questo disco, forte di una produzione sopra la media e di sonorità perfette e che ben si coniugano con il tipo di genere, è ben riuscito, si ascolta in maniera leggera e senza l’appesantimento che può derivare da parti strumentali troppo complesse, mantenendo quella patina di orecchiabilità che può permettergli, potenzialmente, di sfondare anche nello Stivale. Sempre che ci sia chi vuole dargli l’attenzione che meritano. Per il resto, si spera in un lavoro più personale per il futuro, per poter assaggiare e digerire completamente le capacità strumentali e compositive di una band che ha pochi rivali in Italia in questo tipo di scena. Dategli una chance.

Voto: 7

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