venerdì 5 marzo 2010

Tre Allegri Ragazzi Morti - Primitivi del Futuro (La Tempesta, 2010)


Il nuovo album dei Tre Allegri Ragazzi Morti è sostanzialmente una sorpresa. C'è poco da dire. Nonostante l'avessero detto con un'intervista su Rockit e qualche comparsata su giornali vari, il tutto spiazza. L'anima punk adolescenziale rimane, in pezzi come La Ballata Delle Ossa, ma l'anima del disco è completamente cambiata. Toffolo e co. stanno crescendo, e i testi lo confermano. L'impegno politico aumenta, anche se i testi rimangono prevalentemente “light”, dato che l'ispirazione folk sempre sgocciolata fuori dal loro codice genetico continua a mantenerli su stilemi che li renderanno sempre riconoscibili. La loro distintività si perde un attimo nelle novità del disco; una su tutte, il levare. Una soluzione ritmica che quasi mai hanno utilizzato in passato, anticipato da alcuni set acustici nel tour precedente, quando erano molto più avvezzi al quattro quarti diretto, che li porta a navigare verso nuove sponde più vicine al mondo reggae degli Africa Unite (con un pizzico di ska), una ventata di fresco che li farà certo veleggiare alti nei giudizi della critica e del pubblico meno “chiuso”. Certo, ci sarà chi si lamenterà, ma sentire una band così che dopo quasi vent'anni di carriera si rinnova completamente stupisce. E di brutto anche.
Così brani come La Faccia della Luna, Puoi Dirlo a Tutti e So Che Presto Finirà sembrano l'incontro perfetto tra i Sud Sound System che per una volta cantano in italiano, Bob Marley e i Negrita latineggianti d'ultima generazione. E la voce di Davide Toffolo sopra ad un contesto simile fa la sua porca figura. Ti toglie ogni dubbio Codalunga, verso la fine del disco, storia di un personaggio che appunto si chiama così, a cui “piace il sesso”, che “non sa quando è nato, si guarda allo specchio, non vive il social network”. Come dicevo prima, le storie da teenagers sono più collegate ad uno sguardo critico che si sente molto di più in Primitivi del Futuro, ispirata, come il titolo del disco, dal fumettista Robert Crumb che così intitoltò (in francese) una sua band.
I Tre Allegri Ragazzi Morti ormai sono invecchiati, e la maturità nel loro sound, che già si sentiva nel disco precedente (di molto inferiore a questo come qualità dei brani e del songwriting, forse anche dei testi), finalmente si fa sentire. C'è poco da dire, ben vengano altri dischi come questo, magari con l'ultimo ingrediente che ancora non hanno inserito: l'elettronica. Manca solo quella. In ogni caso non acceleriamo i tempi e godiamoci un grande disco da parte di una delle band cult del panorama alternative italiano.
Hai mai sentito parlare di uno zombie che canta?
Voto: 8

1 commento:

Alessia ha detto...

vedremo giovedì va :D