lunedì 10 maggio 2010

Andrea Vercesi - Mad Fallen Leaf (SBM, 2009)


Andrea Vercesi, talentuoso musicista Pavese, si è creato una certa fama per aver interpretato, interamente da solo, brani (classici e non) dei Jethro Tull in due album ("Velvet Green" e "Songs from the Forum").
"Mad Fallen Leaf" esce dopo due anni dal suo ultimo lavoro solista, "Surrounded by Music", un disco quasi interamente acustico, che, nonostante sia brillantemente eseguito e ben prodotto, manca di luce propria, attingendo ancora un po' troppo dal lavoro dei Jethro Tull.
Questo "Mad Fallen Leaf" trionfa laddove "Surrounded by Music" ha fallito, poiché sebbene l'influenza Tullica si senta ancora (e non ci sarebbe nulla di strano visto che partecipano personaggi come Clive Bunker, Jonathan Noyce e Andrew Giddings), questa volta è mescolata ad originalità propria e ad altri sapori diversi dalla consuetudine dei Jethro Tull.
Un altro punto a favore è che mentre "Surrounded by Music" era interamente Vercesi solista, qui invece, si è fatto accompagnare da una vera e propria band di capacità estremamente valide, cosa che contribuisce a rendere maggiormente piacevole il lavoro.
Non a caso, i due brani che risultano minori rispetto al resto del disco, sono proprio quelli che risentono di più dell'influenza dei Jethro Tull, e sono la title-track (con i già citati Bunker, Noyce e Giddings, più al flauto traverso e al fagotto Franco Taulino, storico frontman della cover band dei Jethro Tull "Beggar's Farm", nella quale Vercesi ha militato) e la conclusiva "An Italian Love Song" che di Italiano ha ben poco (e infatti non è stata composta da Vercesi, ma in gran parte da Gary Pickford-Hopkins, cantante dei Wild Turkey).
Ma sono solo due episodi che non sbilanciano di troppo la media del disco, e perché parlare dei punti deboli quando ci sono molti altri motivi per apprezzare il disco?
Come ad esempio l'ipnotico opener "On The Top of The Hill", intriso di suoni acustici e intercci vocali ben studiati, "We are Starting to Sing This Tune" il cui titolo è azzeccatissomo (sarà difficile infatti una volta sentita togliersela dalla testa), il brillante strumentale "In The Forest", le soffuse e romantiche "This Is Us" e "Mary Doesn't Speak Much" e soprattutto la multiparte "It's Hunting Time... No More", il brano migliore del disco e la cosa che più si avvicina al prog, con una sezione ritmica basso-batteria davvero eccellente (e infatti al basso c'è Jonathan Noyce).
Insomma, è un lavoro non esente da difetti, che però è controbilanciato da molti pregi, una produzione cristallina, una capacità tecnica pressochè perfetta e una buona capacità compositiva di Vercesi, abile nel creare melodie semplici e orecchiabili senza renderle banali o eccessivamente zuccherose.
E se questo non vi ha convinto... beh, guardate sul retrocopertina gli ospiti!

Voto: 7/8

1 commento:

Donald McHeyre ha detto...

Certe atmosfere "marine" e "nordiche" del primo album per quanto tullico sia, mi mancano e mi sarebbe piaciuto trovarle in questo ultimo lavoro che come giustamente fai notare ha di buono l'aver "cominciato a pensare di tentare" una presa di distanze dallo stile dello scozzese.
Detto questo, ed è l'unica pecca che ci trovo, lasciando perdere che nel cambio siamo nel country rock a me poco congeniale, trovo l'album buono e meritevole concordando in pieno con le tue analisi dei singoli brani.

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