martedì 29 settembre 2009

Cornershop - Judy Sucks A Lemon For Breakfast (Ample Play, 2009)


I Cornershop non vivono nel 2009. Perlomeno non musicalmente. “Judy Sucks a Lemon For Breakfast”, a ben sette anni di distanza dal precedente “Handcream for a Generation”, è effettivamente un ottimo collage di riff ed atmosfere provenienti dal panorama punk, pop e rock anni '60 e '70. Ci si riconoscono i primi Clash nell'andamento cadenzato ma sempre piuttosto “punkettoso” di “Soul School”, i Rolling Stones nei riff caldi “all'inglese” di “Who Fingered Rock and Roll”, in apertura, per approdare ai Beatles, inconfondibili ispiratori di canzoni come “Free Love” e una cover di Bob Dylan rifiltrata dagli occhi del frontman Tjinder Singh, “The Mighty Quinn”.

Intermezzi disco-dance come “Half Brick” ci ricordano inappellabilmente che ai Cornershop piace ballare e far ballare (vi ricorderete i vecchi tormentoni degli anni '90, come “Brimful of Asha”), e questo disco se ascoltato in certe condizioni può di certo indurre a reazioni fisiche se non propriamente simili alla danza, almeno vicine (e pure “Shut Southall Down” ne è una dimostrazione valida). Che vivano ancora nel mondo dei jukebox è sicuro anche mentre si ascolta la title-track, un ottimo pezzo con tanto di accompagnamenti percussionistici, oltre ai riff blueseggianti profondamente ispirati dal panorama americano anni '50 e '60. Un'altra sorpresa viene dopo qualche pezzo skippabile senza problemi (“Operation Push” in particolare) e si tratta di “The Turned On Truth”, un pezzo di 16 minuti e 45 secondi dai toni rilassati, che rimescola il gospel con giri molto catchy ripescati dal repertorio passato della band (quasi un riferimento diretto ai loro anni novanta fa capolino dal riff che sostiene l'intero brano). Anche tutto il campionario di suoni sintetizzati e strumenti aggiuntivi (oltre ai classici chitarra, basso, batteria e tastiera quindi) fa capo ad un insieme di musica degli anni passati che può ricordare, per timbro (nel sound molto vintage di “The Roll Off Characteristics” ad esempio) alcuni lavori del prog o della musica più sperimentale, contaminati con ascolti che provengono dal mondo orientale (l'India si sente distintamente in “Chamchu”, non solo per il titolo).

Abbastanza autoreferenziali quindi questi Cornershop, tecnicamente molto validi e tutt'ora piuttosto originali, anche dopo 5 lavori (6 contando quello pubblicato con il nome alternativo Clinton). Scrivere pezzi di pop così ispirato è difficile nel 2009, dopo che “quasi tutto” è stato detto in questo genere, ma la perfetta fusione con il rock classico, la musica disco (e il funk) e il blues rendono questo album un altro piccolo gioiellino in questo 2009 veramente valido per le uscite del panorama mainstream

Consigliato.

Voto: 8

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