giovedì 17 settembre 2009

Eels - Hombre Lobo (Vagrant, 2009)


Sembra il periodo d'oro per la musica alternative, pop e rock (e anche per le relative combinazioni). Ci sono stati i Grizzly Bear, il nuovo di Beck, un gran disco degli Wilco e tante altre belle cose. Gli Eels hanno voluto dare il loro contributo a questo prezioso momento producendo un gran disco. Hombre Lobo, “uomo lupo”, suona quasi come una dichiarazione d'intenti, volontà di cambiare, ma sempre con lo sguardo rivolto a quello che finora sono stati e probabilmente, visto questo ultimo album, continueranno ad essere. E nessuno se ne dispiaccia.

Hombre Lobo presenta l'onestà della band di E. che non sembra voler smettere di stupire. Produce un gioiellino di alt-pop come non si poteva prevedere, con salti nel passato (come sempre), melodie fuzzettone, pezzi strappalacrime alternati a dolcezza spensierata. Insomma, tutta la storia degli Eels riproposta come in un depliant esplicativo per le orecchie, l'audioguida del signor Mark Oliver Everett. Ci siamo anche coi temi, quando riveliamo la normalità (o meglio, l'ordinarietà) dell'uomo in Ordinary Man, e una specie di disturbo bipolare non solo in versi che si fagocita tutto il disco. Si urla e si scalpita in Fresh Blood, il singolo ed uno dei pezzi migliori, ci si lamenta (ma pur sempre con stile) in The Longing. I riff al limite del radio-friendly di Lilac Breeze e What's A Fella Gotta Do strizzano l'occhio a Beck più di quanto lo stesso cantautore faccia ultimamente, lasciando quindi trapelare in maniera neppure troppo velata l'influenza (in verità bilaterale) che egli ha avuto su E. Non per questo possiamo parlare di una copia, ma lo stile pop luminoso e “da scantinato” degli Eels rimane anzi protagonista. Come in Tremendous Dynamite, dove si grida con un po' di distorto alla voce, un pezzo che ci fa capire da dove gli ultimi Arctic Monkeys vogliono forse prendere per assicurarsi un futuro degno. E l'americanissima Prizefighter, in apertura, con un retrogusto country sporco di Springsteen e di Lynyrd Skynyrd. Sempre con classe.

Everett ce l'ha fatta di nuovo. Questo disco ha di per sé bisogno di un minimo di bagaglio musicale per poterlo apprezzare appieno, ma risulta in ogni caso fresco ed orecchiabile al punto giusto, come se stessimo ascoltando, di nuovo, il Beck dei tempi d'oro. Autoreferenziali, se mai questo fosse utile per capire il disco, anche nei suoni, che chi conosce gli Eels può ricondurre anche a precedenti lavori (in particolare il precedente Blinking Lights and Other Revelations), sempre “all'antica” ma moderni nel tipo di proposta. Peccare di originalità riguarda solo quei gruppi che non sanno più che strada prendere, ma qui non stiamo parlando della solita perla indie triste e malinconica da panorama inglese scazzato per la pioggia, gli Eels sono un vero manifesto, ascoltateli e poi mi saprete dire.

Voto: 7,5

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