lunedì 21 settembre 2009

The Devilrock Four - First in Line (Shock Records, 2007)


Il quartetto hard rock australiano arriva con questo First in Line al terzo full-length. Prova piuttosto difficile visto che già i precedenti due dischi non brillavano certo per originalità. L'influenza che l'hard rock anni ottanta e novanta e che qualche spruzzo di punk rock ha su questi ragazzi è evidente in ogni pezzo, ed è forse l'assenza di una rielaborazione personale che ne sminuisce la qualità, comunque discreta.

I pezzi sono tutti piuttosto godibili ed orecchiabili, a metà tra i Motley Crue, gli Offspring, gli Hellacopters e i più recenti The Darkness e Velvet Revolver, passando per l'innegabile stima che questi ragazzi devono avere per gli Ac/Dc.

I riff, seppur piuttosto manchevoli di originalità, hanno un gran tiro e si possono prevedere delle performance live sopra la media. Le migliori This is Forever e Dress You Down, con ritornelli che facilmente si ricordano e composti in maniera non spettacolare ma all'altezza dei gruppi dai quali si abbeverano (si suppone) quotidianamente questi Devilrock Four. Eccezion fatta per l'incipit di No Friend of Mine e Should Have Known tutti i pezzi sono piuttosto veloci e pestati, e quindi dove questo lavoro ne guadagna in omogeneità spicca però una certa assenza di varietà, che non è il pregio di questo First in Line (ma forse neanche il maggior difetto). One Good Reason parte per la tangente con riff più punk che hard rock, e la voce molto “Dexter Holland” di Jonny Driver ne mette in risalto appunto questa componente più “americana”. Interessante anche la conclusiva Love Is Blind, più commerciale, nella quale evidenziamo la struttura alla post-grungettona americana e i riff alla Slash.
La prova della tecnica e della produzione per questo lavoro è senza infamia e senza lode, i ragazzi se la cavano tutti bene (su tutti il batterista Coghill) e sono piuttosto bravi ad inventarsi riff taglienti e giri di basso sempre azzeccati, al di là della già analizzata poca originalità che è il filo conduttore del disco. Suoni in linea con il genere e una qualità della registrazione superiore anche a lavori più celebri sollevano anche l'eventuale giudizio negativo che se ne può dare in tema di songwriting.

Alla fine questo disco è comunque ascoltabile, per chi l'hard rock lo mastica da tempo e per chi vuole scoprirne le neanche troppo numerose combinazioni, ma, non mi stanco di ripeterlo, nulla di nuovo. Davvero.

Voto: 5+

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