sabato 23 ottobre 2010

Pazi Mine - Pazi Mine (Super Fake Recordings/A Buzz Supreme, 2010)


Recensione scritta per Indie for Bunnies
Tracklist:
1. Witness of Recurring Dream
2. Here
3. Standstill
4. The Waves You're Cradled
5. Dissect
6. Square The Circles
7. Rip Yourself Open, Sew Yourself Shut
8. The Thaw 

E' chiaro fin da quando il disco inizia che se fosse stato cantato in italiano sarebbe stato più interessante. La musica cantata in inglese ha stancato, tanto che se ne stanno accorgendo sempre più band, come gli Zen Circus e, da ultimi, anche i veneti Love in Elevator.
I Pazi Mine invece vengono dai luoghi del Po, quelli della pianura padana "terminale", dispersa nella provincia ferrarese, e trovano comunque spazio per insediare il loro alternative possentemente impregnato di grunge anni '90 che arriva come una sassata sopra una scena che è morta da tempo. Quello che non ci torna è semplicemente il significato, ma chiedersi queste cose è ormai sinonimo di "pretendere troppo" dalla musica italiana. Quindi, lasciando in disparte l'assenza di innovazione, ci possiamo concentrare sul godersi un disco che per il resto non ha nulla da invidiare a grandi mostri di qualche anno fa. 
Non tutto il disco è grunge, non fraintendete, anche se l'atmosfera è quella. Brani come "Standstill" e "Witness of Recurring Dream" ne riprendono solo lo spirito, utilizzando riff che in certi frangenti si accostano più ai Kyuss (in quelle poche schizofrenie melodiche che hanno avuto) che a Mudhoney e band analoghe, nonostante le similitudini si possano senz'altro contare numerose. Un elemento che ti dà la giusta dimensione di cosa accade all'interno di questo self/titled è l'ensemble ritmico. Basso e batteria sembrano costantemente impegnati a trovare il filo giusto da seguire, utilizzando pattern piuttosto granitici e "dritti", per schematizzare al massimo un settore che funge sempre più da cuore pulsante del disco man mano che si continua e si approfondisce l'ascolto. Questo, per chi mastica poco la mia lingua inutile, significa che spaccano di brutto. Proprio così, perchè in brani come "Dissect" la linea di basso svolge più che una semplice funzione di accompagnamento, sostituendo in molti frangenti anche la chitarra come strumento melodico portante. E, per altro, è proprio questo uno dei momenti più alti del disco (lo supererà solo "The Thaw"). L'uso della chitarra regala altre sorprese: in tutte le sue declinazioni dentro le otto tracce che compongono il lavoro regala una letale combinazione di relax ed aggressività che non cede mai alla tentazione dell'esagerazione sempre dietro l'angolo quando si tenta anche di fare i conti con ascolti che sicuramente comprendono tutte le band di Corgan (tranne gli Zwan). E in effetti "Here" e "Square The Circles" ricordano moltissimo i primi Smashing Pumpkins, lasciando però perdere l'aspetto vocale che merita un discorso a parte. Il contributo vocale di Sara Ardizzoni, già al lavoro con Pilar Ternera e altri progetti molto interessanti, in alcuni momenti perde terreno rispetto alla "concorrenza" messa in gioco dal modo in cui tutto il resto è costruito, con una grandissima dote di songwriting dimostrata da tutti i musicisti (ed impreziosita anche da Ferliga degli Aucan, Gionata Mirai del Teatro degli Orrori e Giulio Favero in veste di "collaboratori occasionali", come si usa nel gergo del lavoro giovanile a basso costo) anche quando la situazione si fa più rovente, per esempio nel già citato "The Thaw" che nonostante i suoi sei minuti risulta di facile digestione, proseguendo diritto senza mai incespicare né sostare a fare una pisciatina dietro un lampione. Avevamo lasciato il discorso alla voce, beh nonostante la superiorità di tutto il resto, le linee vocali funzionano e danno il giusto contributo ad un album che ha dalla sua anche una certa orecchiabilità delle metriche e delle melodie, proponendo brani che sappiano conquistare una fetta di pubblico vasta ma controllata, facendo leva anche su una scelta dei suoni congeniale. 
Allora rifacciamo un attimo di conti. Il disco è ben suonato, ben prodotto, ben composto e si piazza nel bel mezzo di un discorso iniziato da molti ma sempre lasciato a metà, e come ricordano anche Warpaint e Beach Fossils si può sempre iniziare. 
Buona prova. 

Voto: 7+

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